ultimo aggiornamento: 19 Gennaio 2024 alle 22:00
definizione (considerazioni sull’occipite)
L’atlo-occipital jamming è una articolare forma di fissazione spinale, che coinvolge l’articolazione atlanto-occipitale, in quanto, la porzione inferiore dell’osso occipitale può essere considerata una vertebra accessoria (vertebra C0): infatti, è possibile paragonare, non solo da un punto di vista funzionale ma anche embriologico, la porzione basilare occipitale al corpo vertebrale di una qualunque vertebra cervicale (le più eterogenee) ed il forame magno al foro vertebrale; la porzione condrale della squama, a sua volta è equiparabile ad un arco vertebrale che si è appiattito ed allargato.
La fissazione articolare viene chiamata, talvolta, con la locuzione atlanto-occipital jamming (ma anche atlo-occipital jamming o, semplicemente, occipital jamming), per descrivere l’effetto di blocco conseguente alla fissazione dell’articolazione atlanto-occipitale; la stabilizzazione articolare coinvolge i cosiddetti “rockers”.
relazione atlanto-occipitale
L’articolazione atlo-occipitale potrebbe essere ritenuta, a tutti gli effetti, una articolazione zigapofisaria che ha subito una trasformazione per svolgere al meglio il suo lavoro di cerniera, permettendo che il cranio, rispetto al rachide, esprima un elevato R.O.M.: l’articolazione è, infatti, una diartrosi costituita dai condili occipitali e dalle cavità glenoidee, localizzate sulla faccia superiore delle masse laterali dell’atlante.
Le superfici articolari dei condili occipitali sono ellissoidi allungati obliquamente, con l’asse maggiore in direzione postero-anteriore e dall’esterno verso l’interno, con la superficie articolare rivolta in basso, in avanti e lateralmente, così come le cavità glenoidee dell’atlante che corrispondono ad essi, sia per la dimensione delle aree di contatto, sia per l’orientamento: i mezzi di unione articolare sono dati dalla capsula articolare e dalle due membrane atlo-occipitali (anteriore e posteriore), anche se sarebbe più corretto considerare, da un punto di vista funzionale, l’azione svolta dal complesso occipito-atlanto-epistrofeale; l’insieme di queste strutture lavora in sinergia, come se fosse una unica entità.
cinesiologia atlanto-occipitale
Le particolari caratteristiche morfo-funzionali permettono all’occipite di effettuare movimenti di flesso-estensione di circa 25° e di compiere latero-flessioni e rotazioni di circa 5°, rispetto all’asse atlanto-epistrofeale; è la relazione fra le masse laterali dell’atlante con le faccette articolari dell’epistrofeo che permette la rotazione, garantendo all’intero rachide cervicale almeno il 50% delle possibilità di torsione.
Infatti, nel tratto cervicale superiore, la flessione è limitata dalla morfologia vertebrale, l’estensione viene contenuta dalla membrana tettoria mentre la rotazione e la lateroflessione sono circoscritti dai legamenti alari, opposti rispetto alla direzione di movimento: è proprio la presenza del dente dell’epistrofeo che, fungendo da hypomochlion, permette l’effettuazione dei movimenti, garantendo articolarità ed articolabilità a quest’area.
Nonostante l’azione stabilizzatrice esercitata, in primis, dai muscoli sub-occipitali che agiscono come muscoli cibernetici, coadiuvati dai muscoli che si inseriscono a livello della linea nucale a partire dal collo o dalle spalle, la giunzione atlanto-occipitale è sottoposta a forze che tendono a favorire l’alterazione dei rapporti spaziali fra la “sfera craniale” ed il supporto su cui è adagiata, cioè la superficie articolare dell’atlante; i movimenti di “rocking”, per quanto potenti, non esercitano un’azione distorsiva paragonabile alle forze implicate nel “rolling”: il risultato è il coinvolgimento di strutture neurologiche (midollo spinale, nervi somatici e nervi del sistema nervoso autonomo, nervo vago), vascolari (arterie vertebrali, arterie carotidi, vena giugulare), sistema cranio-sacrale (meningi coinvolte direttamente a livello del triangolo di Tillaux), solo per citare alcune, che nella migliore delle ipotesi possono originare distonie neuro-vegetative, cefalee od emicranie, vertigini, acufeni e tinnitus, disprassie, disestesie e disergie …
atlo-occipital jamming: conseguenze
«Una alterazione dei rapporti spaziali e funzionali a livello atlanto-occipitale
crea, di fatto, una disconnessione energetica fra la testa ed il cuore.»
(Francesco Gandolfi)
Si crea, cioè, una sensazione di distacco ed alienazione, spesso una perdita della propria centralità corporea e della percezione del proprio habitus, cioè una disestesia spaziale che talvolta può divenire anche temporale. La formazione di fissazioni atlanto-occipitali può essere considerata la risposta adattativa alla tendenza alla sublussazione sub-occipitale che viene, in questo modo, compensata e stabilizzata: il jamming (letteralmente inceppamento, incastro) ostacola, fino a bloccare, il movimento reciproco fra occipite ed atlante, impedendo al primo di scorrere come una sfera sul suo supporto e creando un C0÷C1 lock (C0∞C1 lock), cioè “incatenandole” una all’altra, con una limitazione motoria che coinvolge le componenti neuro-mio-fasciali che agiscono sull’articolazione.
Ovviamente, l’energia di moto generata dal corpo per il mantenimento della corretta posizione della testa nello spazio o il lavoro muscolare prodotto per mettere in atto un gesto specifico del capo, non può produrre il movimento dell’articolazione fissata; la conseguenza è che i vettori coinvolti si distribuiranno lungo la catena cinematica associata, con distorsioni o alterazioni che possono coinvolgere, quasi caleidoscopicamente, strutture prossimali o distali del corpo, generando una pletora di sintomi, a volte difficilmente spiegabili.
Gli squilibri più frequenti sono l’alterazione dell’attività dei rockers, l’inspiration-expiration assit, lo spheno-basilar assist, l’occiput inferiore ma anche la creazione di fissazioni vertebrali che implicano il rachide fino alle articolazioni sacro-iliache; distonie neuro-muscolari e dissinergie che coinvolgono la muscolatura del collo, i muscoli spinali o i muscoli ioidei; sintomi vegetativi, algie o disturbi somatici associati alla stimolazione dei nervi compressi a livello dell’area sub-occipitale.
ricostituire il movimento e l’equilibrio
Una particolare relazione, che può dipendere dalla correlazione che si crea nella deambulazione tramite i Lovett reactors, è quella con il muscolo psoas, che viene inibito, risultando off al test muscolare bilaterale: attraverso la localizzazione terapeutica nell’area di atlo-occipital jamming induce un cambio di indicatore al test kinesiologico; il challenge è ottenuto cercando di muovere l’occipite, lungo i differenti vettori di movimento, mentre si stabilizza il tratto cervicale superiore, incluso l’atlante.
Grazie alla Kinesiologia Transazionale® è possibile identificare il blocco o, più spesso, le fissazioni che si stratificano: i cofattori eziologici che mantengono il jamming articolare, le compensazioni che sostengono la propensione somato-emozionale a rientrare nelle “posture antalgiche” che le hanno generate, lo squilibrio del diaframma cerebellare che incide sui rapporti fra l’orizzonte visivo (piano di Francoforte) ed il terreno su cui poggiamo i piedi, sono tutti fattori che rafforzano la tendenza a rimanere fissati nelle proprie dinamiche difensive.
La visione integrata, alla base di questa disciplina, permette di effettuare una valutazione multidimensionale che prenda in considerazione sia le problematiche presenti a livello della giunzione C0÷C1 (C0∞C1), sia a livello distale: non sempre, infatti gli agenti causali sono identificabili localmente, ma possono essere ricercati in ogni area del corpo; ad esempio la disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare, l’esistenza di fenomeni di malocclusione oppure la presenza di bruxismo o della Sindrome di Costen, la distonia o la dissinergia dei muscoli ioidei si rivelano essere fattori scatenanti o spine irritative.
Parimenti le alterazioni dei riflessi cloacali, le disestesie dei recettori podalici che controllano la deambulazione (gaits) o di quelli associati all’atteggiamento antigravitazionale (riflessi podalici estensori) sono possibili agenti causali ma, allo stesso tempo, potenziali trigger responsabili del mantenimento di un habitus che determina patterns in grado di rinforzare il blocco suboccipitale: il contatto col terreno, punto di riferimento assoluto per il nostro corpo, determina una postura podalica, cioè condiziona : la nostra stazione eretta, sia nella statica sia nel movimento e, al contempo, ne viene condizionata; dislivelli fra una gamba e l’altra, tensioni asimmetriche, piccoli o grandi traumi sono trasmessi dalle gambe al bacino e da questo, tramite il sacro, alla colonna vertebrale ed, infine, all’area sub-occipitale.
Così come ci sono vettori discendenti, dobbiamo contestualmente prendere in considerazione le “relazioni” ascendenti che inducono una somatizzazione a livello cefalico: uno squilibrio della colonna vertebrale (lordosi, scoliosi), un problema viscerale, un trauma negli arti (la cicatrice di una vecchia ferita o l’imperfetta ossificazione di una frattura) possono causare scompensi che alterano l’equilibrio della “giunzione” fra capo e collo: il test muscolare, inserito in un processo noetico, permette al professionista di valutare la poliedricità causale e la multifattorialità alla base dello stress posturale che somatizziamo.
Un grande aiuto viene offerto sia dal Cranio-Sacral Repatterning®, in grado attraverso l’atlas disengagement, l’unwinding fasciale o il rocking mastoideo, di liberare gran parte delle tensioni “stoccate” e “stratificate” a questo livello, sia dall’Oltrelostress® Coaching, che può offrire esercizi di riprogrammazione neuro-mio-fasciale specifici.
area sub-occipitale e fissazioni emozionali
Frequentemente le fissazioni atlanto-occipitali esprimono la “storia” personale: già prima della nascita la base del cranio è sottoposta a tensioni e distorsioni connesse all’ultimo periodo della gestazione, quando il feto è avviato nel canale del parto ed il corpo fluttua “liberamente” nel liquido amniotico; durante il travaglio, le spinte uterine, la resistenza esercitata dal transito nel collo dell’utero e dalla vagina e le torsioni che subisce il corpo del nascituro sono ulteriori elementi che possono incidere sul “futuro” sviluppo.
Il peso della testa dell’infante, nei primi mesi di vita, è tale da richiede uno sforzo notevole, per poter eseguire “semplici” movimenti come ruotare il capo o sollevarlo: per quanto fisiologico, nel senso di comuni a qualunque neonato, l’impegno muscolare e le trazioni o le compressioni esercitate sulla cerniera C0÷C1 (C0∞C1), soprattutto alla presenza di alterazioni (anche se inapparenti), sono responsabili di squilibri posturali.
Talvolta come conseguenza di facilitazioni segmentali o somatizzazioni causati da disfunzioni viscerali, già nei primi mesi dello sviluppo, si creano fissazioni capaci di condizionare sia lo sviluppo che gli atteggiamenti emotivi del bambino: non bisogna dimenticare che da questa zona si dipartono i nervi vaghi, responsabili bel buon funzionamento dell’apparato gastro-intestinale oppure, poco più sotto, i nervi frenici che controllano il muscolo diaframma.
La relazione fra stomaco e diaframma, da un lato, e fissazione atlanto-occipitale, dall’altro, è un aspetto che il professionista del ben-esse deve sempre tenere presente: la somatizzazione di ansia e paure a livello di queste strutture si ripercuote sistematicamente sulla muscolatura sub-occipitale facilitando l’insorgenza del atlo-occipital jamming; frequentemente queste emozioni, soggette al refoulement, immagazzinano le energie inespresse all’interno di quest’area, nell’illusoria speranza di raggiungere una certa stabilità. Viceversa il blocco energetico comporta frequentemente non solo l’insorgenza di sintomatologie variegate, che possono spaziare dalle vertigini alle paracusie, dall’emicrania alla cefalea muscolo-tensiva, dall’aerogastria alle dispepsie ed al riflusso gastro-esofageo, ma essere responsabili delle manifestazioni fisiche degli attacchi di panico.