ultimo aggiornamento: 1 Marzo 2022 alle 18:37
definizione
Anglicismo che significa letteralmente “sforzo”, derivato dal francese “estrecier” (→ strettezza, oppressione), che a sua volta proviene dal lemma latino strĭctus (→ stretto): può essere definito come lo sforzo, l’oppressione, la ristrettezza a cui siamo sottoposti, per cui possiamo utilizzarlo per descrivere ogni agente in grado di scatenare una reazione “faticosa e onerosa” per l’organismo in risposta alle mutazioni dell’ecosistema di riferimento, sia esso corporeo o ambientale; può essere anche considerato l’aferesi di distress (→ angoscia, dolore).
L’uso in ambito medico e psicologico è mutuato dalla fisica dove la parola “stress” assume il significato di “tensione”, ovvero lo sforzo che subisce un materiale (sistema continuo) assoggettato a forze in grado di modificarne lo stato fisico: esprime la resistenza del materiale stesso alla rottura, ovvero quantifica la capienza definendo l’intensità della forza sopportata per unità di area; possiamo, anche, definire lo stress come la capacità di un materiare elastico di assorbire le forze di allungamento e, in seguito alla cessazione dello stimolo, di riprendere la forma iniziale, grazie alle forze interne al materiale stesso, e quindi di calcolarne l’entità.
un po’ di storia
Si deve al neuro-endocrinologo Hans Hugo Bruno Selye, nel 1936, l’utilizzo e la definizione di stress per descrivere la Sindrome Generale di Adattamento, ovvero la risposta funzionale con cui l’organismo reagisce a uno stressor: in presenza di uno stimolo, più o meno violento e di qualsiasi natura, ogni essere vivente mette in atto una serie di risposte adattative, attraverso una serie di fenomeni neuro-ormonali fra i quali predomina l’intensa attività secretoria della corteccia surrenale e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrenalico; la replica al dis-stress generato da uno o più fattori scatenanti è finalizzata a ritrovare l’omeostasi dell’organismo o a favorire il processo allostatico.
La risposta dell’organismo si innesca indifferentemente dalla tipologia delle noxae, siano esse fisiche, chimiche, biologiche psicologiche, somato-emozionali o spirituali; ognuno di questi stressor agisce come agente causale innescando la reazione biologica dell’organismo caratterizzata dall’attivazione dell’asse ipofisi-corticosurrene, all’interno di una risposta organica di adattamento, suddivisa in tre fasi successive, secondo la schematizzazione di Hans Selye:
⇒ la “fase di allarme”, contrassegnata da una reazione di stress acuto in cui sono mobilizzate le difese dell’organismo, attraverso precipuamente l’iperattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisario-corticosurrenalico;
⇒ la “fase di resistenza”, in cui l’organismo è impegnato nel fronteggiare lo stressor attraverso l’iperproduzione di cortisolo ed ormoni associati;
⇒ la “fase di esaurimento” caratterizzata dall’incapacità dell’organismo a far fronte alla sperequazione fra le risorse disponibili e le esigenze energetiche, per il protrarsi in modo abnorme degli agenti stressogeni, con conseguente esaurimento funzionale della corteccia surrenale e possibile sviluppo di patologie difficilmente reversibili che portano, nei casi estremi, alla morte.
considerazioni sullo stress
L’importanza della concettualizzazione sopra esposta risiede soprattutto nel fatto che per la prima volta in fisiologia e in medicina Hans Selye stabilisce una relazione, diretta e dimostrabile, tra stimoli esterni, modificazioni fisiologiche dell’organismo e sviluppo di malattie. È importante porre l’accento sul fatto che il termine stress non indica necessariamente un esito negativo, ma rappresenta un’importante reazione di difesa e di adattamento dell’organismo al variare delle richieste ambientali: questa reazione, tuttavia, in determinate condizioni, può avere effetti deleteri sull’organismo stesso e portare allo sviluppo di malattie sia psichiatriche sia somatiche.
Lo studio della reazione di stress, nell’uomo, ha messo in luce l’importanza di due fattori chiave, rilevanti quanto l’evento stressante stesso: l’attivazione emozionale e il ruolo dei fattori cognitivi; la reazione biologica, ed in particolare l’aumento del cortisolo nel sangue, è innescata non tanto dallo stimolo di per sé quanto dalla reazione emozionale che esso suscita. Sul piano neurofisiologico, tale reazione è dovuta all’attivazione di strutture cerebrali a livello limbico-ipotalamico e ipotalamico-ipofisario, cui consegue tutto il complesso delle modificazioni dell’equilibrio neurovegetativo, neuroendocrino e immunitario: il ruolo dei fattori cognitivi è determinante nella genesi della reazione di stress e nella differente reattività individuale a uno stesso tipo di sollecitazione.
La reazione si manifesta contemporaneamente con risposte biologico-somatiche e psicologico-comportamentali che sono in genere strettamente integrate tra loro, come quelle definite da Walter Bradford Cannon di tipo “fight-flight-fright” detta anche “fight-or-escape response”: l’organismo, impegnato nell’attacco o nella fuga, attiva un complesso di risposte geneticamente preordinate e, spesso, parzialmente modificate dalle esperienze, che coinvolgono il sistema neurovegetativo ed il sistema endocrino, fungendo da supporto metabolico per la messa in atto delle risposte organiche, mentre, sinergicamente, l’attivazione di “programmi comportamentali” innesca tutte le sequenze motorie e i comportamenti necessari sempre per l’esecuzione della risposta di lotta o di fuga.
Per approfondimenti: Sindrome Generale di Adattamento & Kinesiopatia