elemento causale

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ultimo aggiornamento: 30 Novembre 2023 alle 15:07

definizione

Dal latino elementum, parola che si soleva utilizzare per descrivere il concetto greco di στοιχεῖον (stoicheion → principio, rudimento, lettera dell’alfabeto): un componente primo, minimo, non ulteriormente riducibile o analizzabile; secondo Empedocle e degli antichi naturalisti, le sostanze semplici di cui sono formati i corpi, mentre per la chimica l’elemento è la sostanza pura, i costituenti di tutte le sostanze conosciute.

Quando si parla, quindi, di elemento causale si vuole sottolineare come questi sia l’essenza (o meglio la “quintessenza”) cui ricondurre la responsabilità prima degli avvenimenti, il fattore che genera una cascata di eventi, il colpevole del manifestarsi di una conseguenza; il nesso causale, ovvero il legame eziologico tra un dato evento (sia esso originato da un’azione umana, sia esso naturale) ed il prodursi di una determinata conseguenza che diviene rilevante.

consequenzialità e coincidenze …

Ogni volta che si verifica un evento, cioè quando “accade qualcosa”, è possibile osservarlo come un “momento” di una linea temporale, caratterizzata da una serie di circostanze precedenti (e potenzialmente prodromiche rispetto al fatto) ed una serie di risultati che (solitamente) si verificano ed esistono come conseguenza, grazie o semplicemente in seguito all’avvenimento: quando si verifica una relazione obbligata fra i fenomeni disposti diacronicamente, cioè quando c’è un antefatto, un evento ed una conseguenza, è possibile “parlare di nesso di causalità”, intendendo che esiste una relazione che lega in senso naturalistico una premessa, un atto (o un fatto) e l’evento che vi discende, secondo la diversa prospettiva dinamica dalla quale si osserva il fenomeno; la nozione base si riferisce al principio logico e fenomenologico per il quale tutte le cose e tutti i fatti hanno una “causa” (cosa, persona o fenomeno) che li ha creati, originati o modificati rendendoli così come osservabili al momento di riferimento.

Limitandoci a due eventi in sequenza consecutivi ed in relazione reciproca, è possibile identificare l’elemento causale come l’accidente da cui discende il «post hoc ergo propter hoc» (→ «dopo questo e quindi a causa di questo»): in pratica l’elemento causale è il primo agente della “consecutio logica” da cui deriva la sequenza di fenomeni e che quindi causa ed esprime l’esistenza di una relazione diretta fra due eventi, secondo il principio di causa-effetto; indica un nesso di causalità spazio-temporale, per il solo fatto che l’uno è posteriore all’altro, esprimendo una forma di coazione, in quanto mette in evidenza il manifestarsi di un certo esito, come risultato coerente di un evento precedente.

La dinamica diacronica ci porta a pensare che, nella maggioranza dei casi, se un avvenimento è seguito da un altro, in un’ottica seriale, allora il primo è molto probabilmente la causa del secondo, anche se la razionalità può portarci a dubitare che prendere per causa quello che è un antecedente temporale non sia invariabilmente vero: in alcuni casi, si rileva la presenza di un nesso casuale che esprime il sincronismo che accomuna eventi per il solo e semplice fatto che avvengono nello stesso momento, senza che esista alcun rapporto significativo o relazione obbligata.

L’esistenza di un nesso causale, cioè di un elemento primigenio, per definizione è antitetico alla relazione casuale o alla presenza di un concatenamento basato su nessi acasuali: nel primo caso una serie di eventi consequenziali sono frutto della mera casualità, rappresentando l’imprevedibile e l’accidentalità, non potendosi evidenziare alcuna relazione fra gli stessi se non di successività lungo la linea temporale, ed in totale assenza di un rapporto causa-effetto. In alcuni casi, si rileva la presenza di un nesso casuale che esprime il sincronismo che accomuna eventi per il solo e semplice fatto che avvengono nello stesso momento, senza che esista alcun rapporto significativo o relazione obbligata.

Nel caso in cui, viceversa, si parli di nessi acausali, si chiama in causa il concetto di sincronicità, ovverosia di eventi che posseggono una relazione che potremmo paradossalmente definire “plurivoca” o “equivoca”: avvengono non casualmente e non come conseguenza l’uno dell’altro, ma contemporaneamente perché si influenzano reciprocamente, creando le condizioni perché si manifestino. I fenomeni sincronistici non sincronici sono delle coincidenze significative che non avvengono “nello stesso tempo” ma “con lo stesso senso”, rivelando che spazio e tempo appaiono come grandezze relative e disgiunte. Carl Gustav Jung introdusse il concetto di sincronicità per fissare l’accadere simultaneo di due (o più) fatti che pur non dipendendo uno dall’altro sono soggetti ad un legame, ad una connessione non causale (cioè non in modo tale che l’uno influisca materialmente sull’altro) quanto piuttosto coincidenti poiché appartenenti ad un medesimo contesto (o contenuto significativo), come due orologi che siano stati sincronizzati su una stessa ora.

Talvolta possono anche crearsi situazioni che rappresentano l’esito di processi markoviani: determinati fenomeni, pur risentendo degli effetti degli eventi antecedenti, si manifestano non come conseguenza di ciò che è accaduto precedentemente ma come risultato diretto dello stato precedente, pur essendo espressione di processi aleatori; a complicare ulteriormente il quadro, è necessario prendere in considerazione il fatto che le situazioni possono evolversi e svilupparsi secondo dinamiche stocastiche, che variano secondo logiche non prevedibili e non-deterministiche, implicando un margine imponderabile di casualità o che gli stessi modelli stocastici possono assumere le caratteristiche di un processo non markoviano: in questo caso, pur mantenendo caratteristiche aleatorie, i possibili esiti sono caratterizzati dal fatto che la probabilità che si verifichino dipende dalla complessiva “storia” precedente.

causalità – casualità – acausalità nella medicina olistica

La riflessione, apparentemente intellettuale, ha in realtà, per il professionista del ben-essere, risvolti pratici significativi; il principio di causa-effetto, potrebbe risultare fuorviante, condizionando il processo noetico che dovrebbe portare alla comprensione del mal-essere o della disfunzionalità alla base di un qualunque quadro sintomatologico.

Talvolta si corre il rischio, erroneamente, di porre la propria attenzione su eventi apparentemente sequenziali, da un punto di vista spaziale o temporale, dimenticando che esiste sempre la possibilità di altri tipi di relazioni: il determinismo causale sottostante l’approccio diagnostico e terapeutico della attuale medicina rischia, talvolta, di sottovalutare la poliedricità causale responsabile di certe patologie o di ignorare completamente la presenza di acausalità rilevabile, da un occhio attento, nella genesi di certe forme di mal-essere o dis-funzionalità.

La “weltanschauung” di discipline come la Kinesiologia Transazionale®, la Kinesiopatia® o il Cranio-Sacral Repatterning®, con la visione olistica che le contraddistingue, permette di prendere in considerazione non solo l’evento locale o la concatenazione temporale, potenzialmente responsabili del problema, ma l’essere umano nella sua interezza e globalità, con le sue manifestazioni poliedriche e multiformi: non sempre, infatti, la “consecutio temporum” (consequenzialità temporale) che crea un nesso temporale fra due eventi (anteriorità/posteriorità) genera automaticamente un nesso causale fra gli stessi, esplicitata dal sillogismo «post hoc, ergo propter hoc». Talvolta, infatti, occorre considerare un rapporto casuale fra due eventi apparentemente connessi e conseguenti nel tempo; allo stesso modo esistono relazioni basate sul cosiddetto «entanglement» (interlacciamento), ovvero relazioni che si instaurano fra persone (o enti, particelle …), in grado di influenzare il comportamento reciprocamente, pur non essendo in connessione diretta: quello che Albert Einstein definì come una “inquietante azione a distanza”.

Per questo il professionista del ben-essere, impegnato nel “processo diagnostico” non solo deve utilizzare un approccio olistico ai problemi, considerando le manifestazioni come possibili espressioni di squilibri apparentemente non correlati e applicando i principi della logica bayesiana, ma deve essere consapevole delle possibilità che le manifestazioni disfunzionali ed i sintomi, oltre che espressione di una multifattorialità causale, possano dipendere da eventi o relazioni apparentemente non riconnettibili direttamente o dall’influenza della casualità e del caos.

Il processo disfunzionale, l’insorgenza del morbo non sono necessariamente l’espressione dell’evoluzione causale e patogenetica, ma possono essere l’elemento sincronico che manifesta la coazione di cofattori eziologici e fattori scatenanti, che agiscono sul locus minoris resistentiæ.

Indipendentemente dal fatto che l’evoluzione del malessere segua una dinamica diacronica, il “male di vivere”, che si oggettivizza nella malattia e nella disfunzione, deve essere considerato, attraverso la sincronicità, come espressione di un disagio interiore che si proietta verso l’esterno attraverso il sintomo, manifestandosi nel sistema somato-emozionale.

L’intervento dell’artigiano della salute consiste nel prendersi cura del turbamento e facilitare i processi di rigenerazione e guarigione, attraverso l’attivazione della vis medicatrix naturæ; il professionista del ben-essere possiede gli strumenti per innescare e facilitare il processo maieutico che aiuti chi soffre a identificare e comprendere pienamente la propria “verità autentica”, ovvero le motivazioni recondite che sono alla base della genesi del morbo che sottostà alla manifestazione dei sintomi e del processo disfunzionale che porta alla malattia.

Il “terapeuta” (nel senso originario ed etiologico della parola greca ϑεραπευτήςtherapeutḗs, cioè servente che si prende cura), può essere assimilato ad una levatrice che di fatto non crea né impone nulla: così come nel parto l’ostetrica aiuta soltanto aiuta la madre a far nascere il bambino, così nel suo ruolo di professionista del ben-essere, il “terapeuta” non offre soluzioni preconfezionate ma porta il paziente (dal latino patiens, colui che soffre) a riflettere sulla portata delle scelte effettuate (spesso seppur non consapevolmente). Viviamo secondo gli effetti delle contraddizioni che serbiamo o dell’impatto che esercitano le convinzioni infondate o e i condizionamenti che subiamo: il processo di guarigione può scaturire dall’eliminare le sovrastrutture che “nascondono” il dolore e la sofferenza; questo processo permette di cogliere la sincronicità sottostante la genesi del mal-essere ove la sofferenza “causale” (cioè apparentemente responsabile) e i comportamenti antalgici si fondono in uno schema comportamentale che mantiene e sostiene il distress ed il disconfort che alimentano la genesi della malattia.

La contestuale attivazione delle risorse personali, la focalizzazione delle energie intrinsecamente presenti in ogni individuo, espressione della vis medicatrix naturæ, il processo di riequilibrazione della componente somatica sono alcuni degli atout a disposizione del professionista del ben-essere per facilitare il “processo di guarigione”, cioè il progressivo reset degli elementi sincronici che, fondendosi fra loro, hanno generato ed alimentato il morbo e che, spesso, sottostanno al perdurare del mal-essere e dell’egodistonia associata.

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