l’esaurimento del controllo

Il Morbo di Parkinson sembra mietere ogni anno 20 nuove vittime ogni 100.000 abitanti.

Quanti di questi sintomi  fanno, almeno saltuariamente, parte del corredo dei nostri malesseri quotidiani?Rigidità degli arti e del collo, tremore, lentezza dei movimenti e perdita dell’equilibrio… 

Ma quando da semplici manifestazioni occasionali si trasformano in segnali costanti di un disturbo neurologico, allora appare lo spettro di una malattia debilitante progressiva a carico del Sistema Nervoso Centrale, che colpisce, nei paesi occidentali, 200 persone ogni 100.000 (0.2% della popolazione), con 20 nuovi casi ogni anno su 100.000 persone: il Morbo di Parkinson.

 Distonia, con contrazioni prolungate che inducono l’assunzione di posizioni talvolta grottesche, associate a movimenti involontari, talvolta dolorosi. Tremori della voce, crampi muscolari, torsioni del collo.

Tremori essenziali associati all’incapacità di svolgere operazioni quali stringere o manipolare piccoli oggetti, che per la maggioranza di noi sono assolutamente normali, ma che per il Parkinsoniano diventano un’impresa impossibile da svolgere. Bere da un bicchiere, scrivere, truccarsi o radersi diventano imprese insormontabili. La difficoltà di coordinare le muscolatura, quando si manifesta a livello verbale, induce tali difficoltà nell’esprimersi che spesso si crea un handicap comunicativo associato ad un disagio psicologico.

 Atrofie sistemiche multiple che possono dare luogo a difformi sintomi quali instabilità posturale, movimenti incontrollati o di una lentezza esasperante, ipotensione ortostatica (la caduta della pressione sanguinea nella stazione eretta), problemi urinari o sessuali.

Lo sviluppo di una “Sindrome di Tourette”, caratterizzata dal manifestarsi di movimenti stereotipati, da vivaci tic motori talvolta associati a  espressioni vocali; dall’ammiccare alle contrazioni mimiche, dal muovere la testa di scatto a scrollare le spalle. Accovacciarsi, saltare improvvisamente, toccare ripetitivamente, flettere le ginocchia, scalciare non come un atto volontario, ma come movimento incontrollato, talvolta associato a ossessioni compulsive o disordini dell’attenzione.

Queste manifestazioni sono alcune fra le possibili manifestazioni o complicanze della Malattia di Parkinson, una malattia caratterizzata da una perdita di neuroni (cellule cerebrali) a livello di alcune aree del sistema extrapiramidale  del Sistema Nervoso Centrale (substantia nigra e locus ceruleus) a cui corrisponde una diminuzione del livello di dopamina (un neurotrasmettitore), in alcune aree sottocorticali (area striata dei nuclei della base:, ovvero nucleo caudato e putamen).

Tali lesioni comportano quella sintomatologia tipica, nelle sue varianti, della Malattia di Parkinson, costellata, come abbiamo già detto, da rigidità degli arti e del collo; tremore, generalmente alle mani; bradikinesia (lentezza e riduzione dei movimenti); instabilità posturale (perdita dell’equilibrio) spesso accompagnate da altri sintomi quali depressione, demenza o stato confusionale, postura scorretta, disfasia, difficoltà di deglutizione, produzioni verbali incoerenti, vertigini, impotenza, costipazione, problemi urologici. Qualora i sintomi dominanti siano rigidità, tremore, lentezza dei movimenti e perdita dell’equilibrio, con decorso lento, e non vi sono cause esterne, si parla di Parkinson idiopatico.

Ancora oggi non si conosce la reale causa di questa sindrome neurologica, anche se, oltre alla ormai abituale ipotesi genetica, sembra assumere un’importanza significativa la presenza di un “progressivo avvelenamento” da parte del cervello. In tale processo di intossicazione sembrano essere coinvolti più fattori, fra cui fenomeni derivanti dai radicali liberi; dall’accumulo di ferro in certe aree del cervello; la progressiva perdita dei meccanismi autoprotettivi generata dalla diminuzione della dopamina e dalla carenza di antiossidanti quali la vitamina E.

Interessante notare che la nicotina sembri avere un effetto protettivo, in quanto i fumatori risultano meno colpiti, percentualmente, dalla malattia.

Non è questa la sede per approfondire le caratteristiche della malattia, o non è nostra intenzione scrivere un trattato su questa sindrome, ma poiché è una malattia che colpisce un numero significativo di persone, soprattutto della terza età (si manifesta prevalentemente dopo i 60 anni), diventa sempre più frequente la possibilità che fra i nostri conoscenti, amici o parenti ci sia qualcuno affetto dal Morbo di Parkinson. Inoltre, prima di iniziare la trattazione di questo delicato argomento, devo premettere che le considerazioni esposte non hanno nessuna pretesa di scientificità ma sono esclusivamente riflessioni derivanti dalla pratica kinesiopatica.

Risulta ovvio, poi, che questa malattia ingravescente deve essere trattata farmacologicamente per poter essere rallentata e permettere una qualità di vita accettabile alle persone che ne sono colpite, ma l’intervento kinesiopatico spesso ha dimostrato di poter aiutare le persone colpite dal Parkinson ad avere un miglioramento della qualità di vita.

La nostra esperienza di kinesiopati ci ha fatto riscontrare alcune caratteristiche comuni nelle persone pervenute alla nostra osservazione: una certa rigidità comportamentale, spesso espressione di una certa attitudine difensiva nei confronti della vita e delle persone, associata ad un tendenza all’introversione; la presenza di stress significativi negli anni precedenti all’insorgenza dei primi sintomi; una forte componente di autocontrollo e la necessità di rispondere alle proprie od altrui aspettative in modo pressante. Per maggiore chiarezza occorre specificare che le persone che si sono rivolte a noi sono persone con sintomatologia a esordio giovanile, diagnosticata neurologicamente, , di cultura e capacità economiche medio-alte.

In una certa percentuale di persone è riscontrabile anche una tendenza alla depressione. Anche se potrebbe risultare ovvio che con una sintomatologia ingravescente come quella parkinsoniana si possa entrare in uno stato depressivo, il fatto importante è che la depressione si manifesta precocemente rispetto alla prime manifestazioni di Parkinson. Da ricerche effettuate abbiamo rilevato che vari autori denunciano questa situazione come una costante indicando un 15% dei malati di Parkinson come depressi cronici.

L’ipotesi che abbiamo utilizzato per iniziare i trattamenti kinesiopatici si è basata maggiormente dagli aspetti comportamentali enunciati, piuttosto che dalle caratteristiche dei sintomi: in genere tutti noi, quando siamo sottoposti a forti stress, quando veniamo pressati e ci richiudiamo in noi stessi, tendiamo a mettere in atto quella che, in gergo, definiamo la “sindrome della tartaruga”; tendiamo, cioè, a richiuderci letteralmente in noi stessi, contraendo la muscolatura del collo e della zona lombare. Questi due fenomeni sono abbastanza significativi anche per spiegare la tendenza alla rigidità del collo e i fenomeni intestinali a cui i parkinsoniani sono soggetti.

Quando siamo sotto stress i nostri sistemi sensitivi “generici” (sistema reticolare) tendono a “sparare” informazioni sull’intero sistema nervoso, accentuandone il tono generale ed accelerando le nostre reazioni, rendendoci più pronti a reagire a stimoli potenzialmente pericolosi per la nostra salvaguardia.

In talune situazioni, o per modelli comportamentali individuali o per la particolarità delle situazioni, questa predisposizione alla azione (sia essa di reazione aggressiva o di fuga), viene sostituita da manifestazioni di tipo paretico: la momentanea paralisi, di fronte all’evento ingestibile. Tale risposta adattativa non è ovviamente una paralisi reale, ma semplicemente una risposta di ipercontrazione generalizzata, come se “stessimo trattenendo il fiato, per non essere notati”. Penso che esperienze simili si siano verificate più volte nella nostra vita.

Immaginiamo, però, che anziché occasionalmente questo modello difensivo nei confronti dello stress sia quello abituale e presumiamo che questo accada in un soggetto predisposto, magari in presenza di femenomi tossici o di carenze alimentari specifiche (quali antiossidanti o alcune vitamine); una persona “senza vizi” che eserciti un forte rigore morale su di sé. Forse il nostro soggetto presenta anche una tendenza depressiva, latente o border line, che contribuisce ad amplificare le alterazioni percettive. Dal nostro punto di vista le manifestazioni depressive sono dovute ad una somma di fattori fra cui carenze nutrizionali e meccanismi di autoinibizione neurologica, oltre a restrizioni di tipo emotivo e psicologico.

Immaginiamo, poi, che tale stimolazione, nel nostro ipotetico soggetto, sia amplificata moltissimo rispetto ad altri (ognuno di noi ha predisposizioni individuali e modelli di percezione/reazione differente), costringendo certe aree del cervello (le aree extrapiramidali, che hanno un’azione moderatrice e contribuiscono alla fluidità del movimento) ad essere continuamente chiamate in causa per moderare e limitare queste iperstimolazioni. Come svuotato, il sistema si logorerà progressivamente, fino a smettere di funzionare. E a questo punto, anche il minimo stimolo provocherà reazioni tali da indurre tutte quei sintomi che abbiamo già elencato.

Ognuno di questi sintomi, anche se in modo meno evidente e, soprattutto, presenti in modo discontinuo, è presente nelle persone che si rivolgono a noi kinesiopati per contrastare gli effetti che lo stress ha sul nostro corpo. Partendo da questa prospettiva, abbiamo cominciato ad allentare le tensioni presenti a livello della base del cranio, area in cui vengono accumulate molte “tensioni difensive” nei confronti delle aggressioni che ogni giorno subiamo, utilizzando prevalentemente tecniche di Cranio-Sacral Repatterning (quali lo sblocco sub-occipitale o l’unwinding della muscolatura del collo) o di Kinesiologia Transazionale (trattamento del diaframma cerebellare, splintaggio della muscolatura occlusale, stimolazione dei riflessi neurovascolari): la capacità di allentare le tensioni in questa area insieme alla riprogrammazione posturale (che riduce la quantità di stimoli nervosi in grado di innalzare la stimolazione e la confusione del Sistema Nervoso Centrale) ci ha garantito da subito una riduzione del tremore e della rigidità, favorendo quella mobilità che è di grande aiuto per queste persone, per migliorare il loro benessere globale.

Ovviamente, essendo la Kinesiopatia una disciplina orientata al trattamento soggettivo ogni singola persona trattata è stata gestita secondo percorsi riequilibrativi individuali, essendo impossibile per noi determinare “il trattamento per il Parkinson”. L’obiettivo del nostro percorso è sempre stato quello di trattare la persona che è anche affetta da Parkinson. I migliori risultati, com’era comunque prevedibile, sono stati ottenuti sulle forme più lievi.

Sempre dal punto di vista di un trattamento individuale, tramite l’uso del test alimentare è stato possibile identificare eventuali intolleranze alimentari che possono causare fenomeni d’intossicazione: la rimozione di determinati cibi, associata all’apporto di integratori nutrizionali specifici volti a riparare e rigenerare le capacità metaboliche dei tessuti del corpo, sembra accelerare il processo di riequilibrio.

Anche se non ci è possibile, in questo contesto, addentrarci in profondità sui protocolli da noi utilizzati per aiutare queste persone, da questi due esempi è possibile capire come allentamento delle tensioni, movimento e alimentazione siano cardini importanti, anche se risolutivi, per migliorare la qualità di vita anche di chi è “vittima” del logorio della vita.