Una fastidiosa abitudine o un difetto congenito?
Una malattia o un luogo comune?
Vi siete mai chiesti perché…
… i farmaci più venduti sono gli psicofarmaci?
… mentre 50 anni fa soffriva di ansia il 5% della popolazione, oggi tali disturbi sembrano condi-zionare la vita del 25%, anche se non in forma grave?
… l’organizzazione Mondiale della Sanità attribuisce allo stress la corresponsabilità nella genesi delle principali cause di morte del mondo occidentale, quali infarto, ictus e cancro? Noi non abbiamo una risposta certa, però…
Lo stress
Dare una definizione dello stress in modo univoco è estremamente difficile; Hans Seyle, padre della moderna “medicina dello stress”, lo definisce come una risposta difensiva aspecifica, da parte dell’organismo, di fronte a qualunque variazione dei propri equilibri: una risposta adattativi per fronteggiare la disparità fra le risorse di cui disponiamo e le richieste a cui siamo sottoposti. Una sorta di salvaguardia automatica, uno schema di protezione per evitare che il nostro corpo ceda di fronte alle forze che tendono ad alterare il nostro equilibrio. Questa modalità di adattamento, che ha accompagnato l’umanità nel corso dell’evoluzione, oggi si sta rivelando una causa di malessere fra le più importanti.
Sotto stress il corpo, attraverso una serie di risposte neuro-ormonali si prepara a difendersi, a lottare, a fuggire, per permetterci di sopravvivere, come se i nostri nemici fossero ancora animali selvatici. Si contrae, in difesa delle proprie aree vulnerabili, predispone ogni cellula del nostro corpo alla difesa, sicuro che tutto avverrà in pochi istanti… mentre nel mondo di oggi gli stimoli perdurano indistintamente, celati. Le nostre risposte adattative rimangono le stesse, ma i nemici di oggi sono cambiati, anzi sono invisibili, subdoli, non identificabili con chiarezza. Le risposte corporee seguono uno schema adattativo millenario non più adatto, per certi versi, alle mutate condizioni di vita che ci troviamo ad affrontare oggi. La maggioranza dei nostri malesseri, delle manifestazioni disfunzionali, porta delle malattie, sono espressione di questo continuo tentativo di adattamento che ci porta ad un logoramento progressivo e costante. Anche l’incapacità di definire il vero nemico, di identificarlo con precisione, diventa spesso sorgente del nostro malessere, diventa esso stesso il nostro malessere.
Quando ci sentiamo minacciati, quando ci sembra di perdere il controllo delle situazioni, il nostro cervello automaticamente ed autonomamente entra in “sopravvivenza”, ci prepara ad una sorta di difesa ad oltranza nei confronti del nemico. Un nemico che spesso, nel nostro attuale modo di essere e vivere, non è più rappresentato da eventi naturali o pericoli, ma bensì dagli altri. Quegli altri che non vogliono darci ciò di cui abbiamo bisogno, che non sembrano voler capire che il nostro modo di essere e pensare è quello giusto, che non tengono minimamente in considerazione ciò che stiamo facendo per loro. Talvolta il vero nemico non sono gli altri, bensì noi stessi, soverchiati come siamo dalle aspettative che ci poniamo. In ogni caso il corpo si prepara in una difesa ad oltranza che comporta il depauperamento delle nostre risorse. Ci impegniamo spasmodicamente a difendere noi stessi, ciò che abbiamo o abbiamo raggiunto, col timore di soccombere, protesi in una difesa d ogni costo o nel tentativo di fuga di fronte a ciò che percepiamo come potenzialmente minaccioso. Non importa se la minaccia è reale. Quello che importa è che le nostre paure, spesso ignote, ci spinge a fuggire. Spesso da noi stessi. Perdendo il contatto con ciò che proviamo o pensia-mo, non sapendo talvolta se sensazioni o pensieri corrispondono alla realtà, se le emozioni che proviamo sono le nostre o quelle di qualcun altro.
ansietà
Gli analisti definiscono l’ansietà come una tensione psichica di paura, che si distingue da questa perché non nasce da un’aggressione esterna, ma è sostenuta da una motivazione interna non riconosciuta dalla coscienza. In parole semplici quando proviamo una sensazione di malessere non riuscendo ad identificare l’origine del nostro senso di disagio, non riuscendo a comprendere che in noi scattano sentimenti di aggressività, che non riusciamo a gestire e vogliamo rimuovere, la reazione difensiva nei confronti di queste emozioni induce in noi un sentimento di ansia.
Irrequietezza o insoddisfazione, un generico desiderio di mutamento o la voglia nascosta di cambiare le regole del gioco della vita: tanti ne parlano, molti ci convivono. Con quello straziante senso di soffocamento, con quell’angoscia che non è altro che la proiezione in differenti distretti corporei della paura, non legata a situazioni di rischio identificabili con certezza; quel tormento che altro non è se non la somatizzazione dell’ansietà, una materializzazione delle paure che si tramuta in sintomi fisici.
Quando affrontiamo parti di noi che sono state escluse dal flusso vitale e dimenticate; quando improvvisamente, senza che ce rendiamo conto, emergono, attraverso le sensazioni di ansia, disagi ben celati in noi stessi; quando riemergono emozioni drammaticamente, occultate e nascoste, per riacquisire uno spazio nella nostra vita, liberano una profonda rabbia che era rimasta sepolta a lungo dentro di noi. Una rabbia spaventante, che non siamo abituati a gestire, che per anni abbiamo cercato di evitare come qualcosa di negativo.
Negare questa rabbia significa però rinnegare anche quella forza che ci spinge a reagire, a cambiare, a lottare: sorridere sempre può sembrare vantaggioso, ma talvolta ci impedisce di reagire alle situazioni, di far emergere la nostra aggressività. Evitare di affrontare i problemi quando sorgono, bypassare le potenziali sorgenti di frizione, astenersi dal giudizio sono strumenti che spesso ci evitano conflitti e ci permettono di sopravvivere, ma, nel lungo periodo, ci frenano nello sviluppo.
Quando la pressione interna, che esprime il nostro disagio, ci porta a voler far emergere quella parte di noi insoddisfatta, il conflitto fra i nostri meccanismi di difesa e protezione ed il bisogno di lasciar uscire chi siamo diventa una lacerazione profonda che turba il nostro animo. Una parte di noi vuole astenersi dalla vita, osservarla sentendosi come avulsa dalla realtà che si rivela spaventante per tutte quelle “cose” da cui ci siamo assentati per lungo tempo. Perché ricominciare, o forse cominciare, a vivere è uno stress che ci pare sia insormontabile. Uscire dagli schemi consolidati che ci hanno permesso di sopravvivere fino ad ora per affrontare l’ignoto è terrificante. Spesso in quel momento esplode la nostra ansia, la nostra paura, la no-stra angoscia, espressione di un violento conflitto fra ciò che temiamo e ciò che desideriamo.
Molti preferiscono non andare oltre il proprio orizzonte, bordeggiare la costa in una navigazione a vista, perché il vasto oceano della vita è pieno di mostri. Ma quando in noi il desiderio di scoperta supera l’ovattata tranquillità della quotidianità, non possiamo fare a meno di esplorare nuovi lidi, guardare oltre il piccolo orizzonte a cui eravamo abituati. Chi per desiderio, chi per disperazione, si imbarca in questo viaggio: i primi, spinti da una pulsione che sfida la logica, i secondi col recondito desiderio di ritornare indietro appena possibile. Di cercare una scusa qualunque per ritornare a quella situazione di prigionia, povertà e disagio che, nell’affrontare un viaggio nell’ignoto, pare, nella trasfigurazione del ricordo, un luogo idilliaco. Quando ciò non ci riesce, quando il desiderio di rientrare nella nostra “fantasia di realtà”, nasce il bisogno di fuggire da se stessi, nasce l’ansia.
angoscia
Angina e batticuore, senso di compressione al petto, mancanza di respiro, tachicardia, vuoto allo stomaco, nevrosi gastrica, disturbi gastro-intestinali… sono tutte manifestazioni riconducibili ad una reazione difensiva e irritativa del corpo di fronte alla tossicità delle nostre emozioni. Talvolta talmente devastanti da divenire il problema primario, distogliendo la nostra attenzione dalle vere radici del problema.
Ci si sente imprigionati dal proprio problema, dalla propria condizione, come avvolti in vestito che improvvisamente è divenuto troppo stretto: una raccolta di timori, di nevrosi, di fobie. Paure apparente-mente immotivate che scattano di fronte ad un evento di per se innocuo, che si fanno sentire con forza nei momenti di maggiore difficoltà.
All’improvviso il cuore comincia a battere, senza nessuna causa apparente, come se, improvvisamente, qualcosa ci stringesse alla gola impedendoci di respirare, dandoci la sensazione di soffocare. Talvolta la sensazione è così sgradevole da causare in noi l’impressione che potremmo morire da un momento all’altro; altre volte perdiamo il controllo della situazione ed il senso di malessere viene accompagnato da vertigine, come se la terra scomparisse sotto i nostri piedi, sentiamo il desiderio di attaccarci a chiunque o qualunque cosa che ci faccia sentire più sicuri… Il panico prende il sopravvento sulla nostra capacità di discernimento
Chi ha provato queste sensazioni non può scordarle e forse la cosa più spaventante è che, nonostante gli innumerevoli esami clinici, la risposta che sentiamo da ogni specialista consultato è che non c’è nulla, non ci sono malattie, il cuore sta bene, i polmoni sono sani…
soluzioni
Soluzioni? Non esistono soluzioni predeterminate per affrontare queste espressioni di disagio. La moderna farmacologia sta attivamente ricercando nuove molecole in grado di ridurre o contrastare le manifestazioni acute; sempre più persone si rivolgono alla psicoterapia per ottenere un supporto…
Anche una terapia complementare come la Kinesiopatia è in grado di contribuire, nel suo piccolo, per migliorare la qualità di vita di chi soffre di questi disturbi, senza avere la pretesa di curarli. Lo stato di tensione che si accompagna a queste manifestazioni non solo ne è una conseguenza, ma spesso ne diventa una causa ulteriore, generando un’escalation negativa. Le somatizzazioni spesso derivano da atteggiamenti posturali che si autoperpetuano, rendendoci più vulnerabili ad ogni ulteriore stress.
Il mantenimento di questi schemi difensivi può essere interrotto attraverso tecniche specifiche, assolutamente prive di effetti indesiderati. Riducendo gli effetti nefasti che tali manifestazioni inducono nella nostra vita, possiamo migliorare lo stato di benessere, e pertanto ridurre, progressivamente, l’insorgere di crisi; “allentando gli effetti dei nostri stress emotivi”, promuovendo una maggiore armonia ed equilibrio è possibile ridurre il pesante fardello che condiziona il nostro benessere.