omocisteina:
il killer silenzioso

ultimo aggiornamento: 5 Settembre 2023 alle 15:42

cisteina e metionina:
dalla tavola alla detossificazione

Immaginiamo che il nostro apparato digestivo (che possiamo imparare a conoscere meglio grazie all’articolo l’alchimia gastro-intestinale), sia una specie di “frullatore/emulsionatore” dove gli alimenti vengono sminuzzati e ridotti ai minimi termini, per poter essere utilizzati: una parte, cioè gli zuccheri ed i grassi, verrà impiegata prevalentemente come combustibile, mentre un’altra parte del nostro “frullato”, le proteine, andrà a costituire i “mattoni” indispensabili per la costruzione delle strutture corporee a far funzionare alcuni degli “impianti di produzioni” delle sostanze necessarie all’organismo … oltre a fornire i pezzi di ricambio essenziali per la manutenzione del sistema.

Questo processo viene chiamato metabolismo: grazie ad esso, l’energia derivata dai combustibili (zuccheri e grassi) fornisce l’energia che serve all’organismo per utilizzare le materie prime utili a costruire o manutenere le strutture e produrre costituenti essenziali (substrati proteici). In pratica, è possibile garantire che il sistema funzioni correttamente, cambiando e sostituendo senza sosta ciò che deve essere “riparato”… ovviamente è una descrizione semplicistica, ma, entro certi limiti, sufficientemente appropriata per comprendere la funzione elementare del sistema digestivo e l’attività metabolica.

Risulta evidente che esistono differenti “pezzi di ricambio”: le proteine, vengono disgregate nei loro componenti elementari, gli amminoacidi, sostanze caratterizzate da una parte amminica (ovvero composta da azoto, NH2) e una parte definita “acida” (o carbossilica … COOH → O=C-OH) a cui sono legate catene di differenti composti chimici, nella parte che differenzia gli amminoacidi, definita radicale, come catene carboniose, gruppi polari o lo zolfo (S) … alcuni di questi mattoni sono fondamentali per l’organismo, altri possiamo costruirceli da soli, ma, in ogni caso, sono indispensabili per la vita.

Ogni mattone ha un suo ruolo ed alcuni sono imprescindibili: vengono chiamati amminoacidi essenziali e, come suggerisce il nome, il nostro organismo non può farne a meno. Non solo sono elementi necessari per l’anabolismo proteico, cioè la costruzione delle strutture portanti o funzionali dell’organismo, ma possono essere la base da cui è possibile, attraverso processo enzimatici, costruire altri amminoacidi.

Nel nostro ipotetico “frullato” proteico, l’amminoacido essenziale, in grado di mettere a disposizione dell’organismo un gruppo solforato (cioè contenente zolfo, sotto forma di -SH) è la metionina: è interessante notare che, non appena questo amminoacido viene assorbito dall’organismo, è trasformato in un altro amminoacido, l’omocisteina, che a sua volta, con la complicità dell’acido folico e di vitamine del gruppo B (come la cianocobalamina), può essere trasformata in cisteina … tutti mattoni fondamentali, se non addirittura pezzi “speciali,” per l’assemblaggio del nostro corpo. Per motivi non ancora compresi pienamente, la possibilità di trasformare la metionina in cisteina e viceversa spesso si altera e si blocca, con il conseguente accumulo, nell’organismo, del “metabolita proteico intermedio” omocisteina; come avevamo detto all’inizio dell’articolo, questo amminoacido è, appunto “un prodotto intermedio del metabolismo delle proteine”.

Il mancato smaltimento di questa sostanza, non è un evento così raro in quanto, spesso, “ammassiamo” differenti tipi di “prodotti metabolici” in “aree di stoccaggio” o “inertizzazione” all’interno del corpo; a differenza di altre sostanze, però, l’incapacità da parte dei sistemi metabolici di eliminare l’omocisteina in eccesso genera un problema significativo, in quanto è una sostanza velenosa e tossica per il nostro corpo!

Non solo, quindi, questa sostanza favorisce processi infiammatori nei tessuti dove si concentra in quantità più elevate, ma è caratterizzata da un particolare trofismo verso il letto vascolare, divenendo il responsabile di una serie di eventi a catena che possono determinare deterioramento delle pareti vascolari, alterazione dei processi coagulativi del sangue e dell’aggregazione piastrinica o, addirittura, fenomeni trombo-embolici … incrementando di conseguenza il rischio di infarti, ictus o degenerazioni infiammatorie dei vasi sanguigni e/o del sistema nervoso centrale.

Nel sangue, quindi, è presente una spia in grado di evidenziare i possibili rischi di eventi cardio-vascolari avversi, come l’infarto e l’ictus, o di “predire”, con una certa approssimazione, le possibilità che si creino infiammazioni potenzialmente responsabili di malattie come la “sindrome della fatica cronica”, la “fibromialgia” o patologie degenerative del sistema nervoso …

un po’ di biochimica

Amminoacido solforato, detto anche acido γ-tio-α-aminobutirrico (C4H9NO2S), che si forma, come prodotto intermedio, in seguito alla trasformazione enzimatica della metionina (C5H11NO2S) in cisteina (C3H7NO2S), attraverso la rimozione di gruppi metilici: il prefisso omo- (derivato dal greco ὁμο-) indica somiglianza fra due composti.

La conversione dell’omocisteina a metionina (processo di rimetilazione) o la sua conversione a cisteina (transulfurazione) rappresentano le principali vie metaboliche in grado di mantenerne i livelli intracellulari entro uno stretto range; il suo rilascio nel circolo ematico consente di misurarne le concentrazioni plasmatiche, che rappresentano un accurato indice dello stato dell’omocisteina tessutale.

Vista l’importanza dei prodotti solforati, in particolare quelli coinvolti nei processi di detossificazione a livello epatico (come nel caso di intossicazione da piombo, mercurio e cadmio), nel ricambio dei tessuti connettivali o dermo-cutaneo e nel metabolismo della riparazione artro-cartilagineo, quando la via metabolica dell’omocisteina funziona correttamente il corpo è in grado di produrre una provvista naturale dei prodotti solforati necessari, senza creare processi tossici o carenziali.

In generale si può dire che elevati livelli plasmatici circolanti di omocisteina (iperomocisteinemia o HHcy) sono considerati un fattore di rischio di patologie cardio-vascolari, come ictus, infarto del miocardio, trombosi venosa, manifestazioni emboliche oppure maggiore incidenza di malattia aterosclerotica: un’alta concentrazione ematica di omocisteina riduce la produzione attiva, da parte dell’endotelio vascolare, di sostanze vasodilatatorie, in particolare, di ossido nitrico.

Normalmente, infatti, l’endotelio dei vasi sanguigni è un tessuto che produce numerose sostanze ad azione vasodilatatoria, contribuendo a mantenere i livelli di pressione arteriosa costanti e favorendo la perfusione dei tessuti:  accumuli tessutali di omocisteina ed iperomocisteinemia inducono un aumento dello stress ossidativo ed alterano così la funzione endoteliale, comportandosi come radicali liberi. L’omocisteina si lega proprio all’ossido nitrico, formando ossido nitroso che determina vasocostrizione ed aumento dei livelli di pressione arteriosa (ipertensione); contestualmente la molecola si lega alle molecole di LDL, formando un composto insolubile, l’LDL-tiolattone, che stimola la formazione della placca aterosclerotica a livello dei grandi vasi sanguigni. Questo complesso attiva la fagocitosi dei macrofagi, che tentano di rimuovere dai depositi vasali la tossina; il processo, generalmente, provoca una disfunzione cellulare dei macrofagi, con attivazione di manifestazioni infiammatorie endoteliali e perivasali.

L’iperomocisteinemia è una condizione fortemente correlata anche alle patologie neuro-degenerative: sembra esistere una forte associazione della concentrazione della tossina ed il decadimento mentale o la malattia di Alzheimer. Diversi studi hanno riscontrato elevati livelli dell’amminoacido solforato nei pazienti affetti da processi infiammatori a livello cerebrale; l’aumento delle concentrazioni di sostanze che si comportano da radicali liberi sono certamente coinvolte nella genesi di queste patologie.

Essendo gli amminoacidi solforati fondamentali per il trofismo dei tessuti osteo-articolari, sono in corso studi per confermare l’effetto negativo dell’omocisteina sia sui processi osteo-artritici, sia nelle entesopatia, sia nei processi osteoporotici che possono favorire una aumentata incidenza delle fratture spontanee. La sua presenza in concentrazione elevata aumenta il rischio di deformazioni e difetti genetici nel feto: alcuni studi dimostrano che per il feto vi è un maggiore rischio di malformazione, di ritardo della crescita e anche di eventi tragici come la morte, causata dal distacco della placenta. L’iperomocisteinemia materna è associata ad una maggiore probabilità di soffrire di gestosi, una sindrome grave che si manifesta con edema e ipertensione, o di sviluppare l’eclampsia, una grave complicazione della gravidanza, potenzialmente mortale.

Secondo alcuni studi, già il possesso di valori superiori a 10-12 µmoli/litro possono essere considerati un fattore di rischio: i valori ematici di omocisteina possono essere classificati in tre diversi livelli di rischio e di gravità:

→ moderato (16-30 μmol/L)
→ medio (31-100 μmol/L)
→ severo (>100 μmol/L).

La concentrazione di omocisteina nel plasma è dovuta all’interazione di fattori genetici, fisiologici ed acquisiti: si riconosce l’importanza dell’apporto dietetico di acido folico (vitamina B9), piridossina (vitamina B6), cianocobalamina (vitamina B12), trimetilglicina (betaina anidra o vitamina B15), per favorire il catabolismo di questo metabolita tossico. Pur non essendoci evidenti sintomi carenziali di queste vitamine, non sempre queste sostanze sono presenti in una forma biodisponibile; una buona parte viene persa durante la cottura o durante l’esposizione prolungata alla luce o per la presenza di squilibri gastro-intestinali.

come “non avvelenarsi”?

La semplice assunzione di maxi-dosi di integratori, senza il sostegno di un professionista specializzato, può, per assurdo incrementare le micro-carenze, per l’attivazione di meccanismi competitivi a livello di assorbimento. L’utilizzo di prodotti a concentrazione bilanciata (come, per esempio, Homocysteine Redux della Nutri-West Italia) possono ovviare parzialmente questo tipo di problemi.

Il professionista in Kinesiopatia® è in grado, attraverso il “profilo nutrizionale” kinesiologico, di identificare eventuali micro-carenze e combinazioni ottimali per favorire il miglior utilizzo dei nutrienti necessari; l’allentamento delle tensioni distrettuali, la riattivazione della perfusione ematica tessutale ottenibile con tecniche quali l’utilizzo dei Riflessi Neuro-Vascolari o la pratica del Cranio-Sacral Repatterning®, possono essere strumenti efficaci per permettere una migliore nutrizione cellulare e favorire la risoluzione degli squilibri metabolici dei tessuti.