rettilineizzazione cervicale

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ultimo aggiornamento: 20 Dicembre 2022 alle 13:28

definizione

Come evidenzia la locuzione, si parla di rettilineizzazione cervicale o, più propriamente, rettilineizzazione del rachide cervicale, quando il fenomeno si localizza a livello del tratto cervicale della colonna vertebrale, ovvero quando si osserva una diminuzione della fisiologica lordosi cervicale: una particolare condizione patologica, anche in assenza di dolore, contraddistinta dal raddrizzamento o, addirittura, dell’inversione della normale curva cervicale. La perdita di lordosi cervicale, ovvero la rettilineizzazione cervicale comporta che il collo può apparire anormalmente dritto, aumentando le possibilità di sviluppare quella che è nota come “postura della testa in avanti”, con il manifestarsi di tensioni spinali avversa che tendono ad interessare l’intera colonna vertebrale.

In inglese la rettilineizzazione cervicale viene detta anche “military neck” (collo militare): la perdita di lordosi cervicale comporta infatti che il collo diventi innaturalmente dritto, con la testa proiettata in avanti che fa assumere alla persona l’aspetto di che sembra stare sull’attenti; talvolta viene chiamata, soprattutto in caso di inversione della curva fisiologica, “cervical kyphosis” (cifosi cervicale).

descrizione

Occorre innanzitutto ricordare che l’alternanza delle lordosi e delle cifosi, oltre ad essere (entro certi limiti) assolutamente fisiologica, è in grado di conferire  al rachide le sue importanti proprietà elastiche e resistive, molto superiori a quelle di un’ipotetica colonna dorsale completamente dritta: è infatti grazie alla dinamica delle contrapposizioni fra strutture concave e strutture convesse che è possibile una ripartizione dei carichi posturali nella statica e nella deambulazione, con un minor dispendio energetico. (per approfondire l’argomento di veda il lemma rettilineizzazione)

Spesso, come conseguenza di traumi o lesioni della colonna vertebrale (o anche delle singole vertebre) o per effetto dello squilibrio della funzionalità dei muscoli paravertebrali, delle alterazioni della postura o della presenza di adattamenti antalgici o cicatriziali, si manifesta un fenomeno dis-funzionale (o patologico), che  può dare luogo alla formazioni rettilineizzazione compensatorie o, addirittura all’inversione della curva fisiologica a livello cervicale, normalmente concava posteriormente.

La presenza della lordosi cervicale, oltre a favorire la ripartizione del “peso della testa” sulle spalle, assicurano al collo la capacità elastica di assorbire tensioni, ridistribuendole, come una molla che compressa può ridistendersi: il processo di rettilineizzazione impatta significativamente su queste dinamiche funzionali, condizionando sia lo spazio, in particolare a livello della gabbia toracica, sia la capacità di svolgere quell’azione di shock absorber tipica delle lordosi, garantita dalla combinazione delle strutture osteo-artro-miologiche che lavorano sinergicamente con i tessuti fasciali.

Essendo il rachide contraddistinto dalla presenza di dinamiche tensegretive, per effetto dell’azione dinamica di muscoli, tendini e legamenti, è possibile conferire al tratto cervicale la necessaria stabilità, e al contempo, l’indispensabile flessibilità e mobilità; quando l’azione di dette strutture, soprattutto per l’incremento della tensione esercitata dai muscoli o da mutazioni dei loro vettori, provoca delle modifiche dei rapporti funzionali, allora si alterano la relazione di reciprocità osteo-articolare, creando appunto, iperlordosi, o, all’opposto, rettilineizzazioni: l’incremento o la scomparsa delle curve fisiologiche, indica che le tensioni intrinseche al sistema osteo-artro-mio-fasciale superano le capacità intrinseca di compenso del sistema stesso, portando, da un lato, ad ulteriori deformazioni, dall’altro al formarsi di circoli viziosi per l’aumento delle tensioni muscolari compensatorie che rimangono all’interno del sistema muscolare stesso che a volte subisce un processo di degenerazione, fibrotizzazione o addirittura di ossificazione, favorendo la formazione di “calli ossei”, calcificazioni,  speroniesostosi e artrosi.

L’alterazione che si verifica nella rettilineizzazione comporta che la capacità di “scaricare” le forze che agiscono sul rachide cervicale, in maniera proporzionata ed equilibrata, si altera causando, frequentemente, vettori anomali (come conseguenza dell’alterato asse di movimento dei muscoli che agiscono su queste catene cinematiche) e alterazione dei rapporti articolari, impedendo al sistema di “disgiungere” (ripartire) i carichi funzionali: il risultato è, invariabilmente, la creazione di alterazioni morfo-funzionali delle “aree cerniera” del rachide cervicale, ed in particolare la cerniera fra C0 (cioè l’osso occipitale) e C1 (articolazione atlanto-occipitale) e la cerniera cervico-toracica (zona della “gobba di bisonte”), con ripercussioni significative sull’area della Va e VIa vertebra dorale, ove originano o si inseriscono importanti gruppi muscolari del collo e del dorso, oltre ad essere l’asse di rotazione dei Lovett Reactor.

La rettilineizzazione del tratto cervicale lo rende più vulnerabile alle lesioni, per la ridotta elasticità e mobilità derivanti dall’aumentata tensione della muscolatura del collo,  compromettendone la sua capacità di sostenere il peso della testa: questo comporta spesso una pressione aggiuntiva sui dischi spinali, accelerandone la degenerazione, causando tensioni muscolari e un aumento dei carichi distorsivi sulle articolazione, che presentano, di conseguenza, una maggiore propensione alle sublussazioni e/o alla formazione di fissazioni; il raddrizzamento della lordosi cervicale impatta sugli equilibri del sistema stomatognatico, della sfera cranica e sulla biomeccanica dell’intera colonna vertebrale, creando alterazioni delle catene cinematiche.

sintomatologia

Occorre premettere che non tutti coloro che hanno una perdita di lordosi cervicale manifestano dolore o sintomi specifici a livello cervicale: soprattutto quando i cambiamenti posturali avvengono lentamente nel tempo, la rettilineizzazione può avvenire in modo silente, come conseguenza diretta di atteggiamenti consolidati nel tempo, su cui si stratificano micro-traumi e tensioni; indipendentemente dall’evidenza sintomatologica, chi presenta il raddrizzamento della lordosi cervicale ha maggiori probabilità di provare dolore al collo e altri problemi e condizioni correlati della colonna vertebrale nel corso della vita in quanto, a lungo termine, si avvertiranno gli effetti cumulativi su tutto il rachide, sui dischi intervertebrali e cui muscoli che la sostengono.

La perdita della lordosi fisiologica del tratto cervicale della colonna vertebrale rende il collo più vulnerabile a subire lesioni spinali a causa di un impatto, come in un incidente d’auto o in una caduta, avendo la colonna vertebrale ridotto la propria efficacia nel distribuire lo stress meccanico in tutto il corpo: questo predisposizione è presente sia nel caso in cui sia presente una rettilineizzazione o che si osservi una iperlordosi cervicale.

Il distress cronico del sistema osteo-artro-mio-fasciale cervicale è frequentemente accompagnato da sensazioni di tensione muscolare e dolore che possono irradiarsi verso il cranio (essendo responsabili dell’insorgenza di cefalee muscolo-tensive), lungo le braccia (cervico-brachialgia) o interessando la zona interscapolare e l’intero rachide. I muscoli del collo e delle spalle devono lavorare di più per sostenere il peso della testa poiché si perde la curvatura che di solito facilita la distribuzione uniforme di questo peso, facendo sentire i muscoli del collo e delle spalle tesi e doloranti.

L’aumentata tensione spinale incrementa la pressione sui dischi della colonna vertebrale, facendoli degenerare più velocemente: quando un disco intervertebrale inizia a gonfiarsi a causa della degenerazione o di forze di compressione irregolari, può sporgere nell’area del canale spinale dove escono i nervi (bulging discale), potendo portare alla formazione di algie o intorpidimenti (parestesie), derivanti dalla compressione delle radici nervose, che si irradiano alle braccia e alle gambe. Il progressivo indebolimento del disco intervertebrale, associato alla continua tensione, all’alterazione dei rapporti articolari e ai microtraumi locali, lo rende “debole”, ovvero più vulnerabile e pertanto più soggetto a possibile rottura: quando ciò accade, il materiale gelatinoso all’interno del disco (nucleo polposo) può fuoriuscire, rendendo più probabile l’insorgenza di neuropatie, schiacciamenti e compromissioni delle radici nervose oppure provocando fenomeni compressivi direttamente sul midollo spinale.

La perdita della lordosi nella parte superiore della colonna vertebrale, come già enunciato, influisce sulla biomeccanica complessiva della colonna vertebrale causando, da un lato, un disallineamento che coinvolge sia le singole strutture (muscoli, ossa, articolazioni …), sia la correlazione di simmetria funzionale esistente fra i differenti distretti corporei: oltre a produrre il sintomo visivo del cambiamento posturale con la presenza di evidenti asimmetrie, la perdita della fisiologica alternanza di cifosi e lordosi comporta una serie di adattamenti compensatori che scaricano la alterazioni di una curva del rachide su tutte le altre.

Il fatto che il rachide, nel suo complesso, possa essere considerato a tutti gli effetti una struttura tensegretiva contraddistinta dalla presenza di compressioni flottanti che determinano che i singoli componenti sotto compressione (le vertebre) siano mantenuti in posizione dinamicamente grazie ad una rete di tensione continua (muscoli tendini, fascia …) che delinea il sistema spazialmente, è un elemento che ci permette di comprendere perchè la rettilineizzazione di un segmento della colonna vertebrale incida sulla funzionalità della stessa: il vantaggio di un’architettura tensegrale è di permettere alla struttura corporea di ripristinare dinamicamente l’assetto posturale, che garantisce il parallelismo del piano di Francoforte al terreno e lo sguardo in direzione di moto, ad ogni perturbazione del sistema stesso; occorre anche ricordare che i singoli segmenti ossei sono immersi in una matrice connettivale, il cosiddetto sistema fasciale, che rappresenta un sistema di membrane a tensione reciproca in grado di ripartire le forze agenti su un segmento all’intera struttura. Il risultato di questi fenomeni è che, invariabilmente, ogni forza agente un segmento della struttura tensegretiva che non possa essere dissipata dal sistema stesso ma che induca una disfunzione permanente (scoliosi patologica, ipercifosi, iperlordosi, rettilineizzazione …) comporterà la presenza di compensazioni all’interno dello stesso sistema o “scaricherà” parte delle forze in gioco sui sistemi connessi o sulle catene cinematiche che ad esso si relazionano.

In pratica si potrà osservare, come conseguenza di una rettilineizzazione cervicale, la presenza di ipercifosi toracica accompagnata o meno da iperlordosi lombare, che assorbe la componente dinamica non più inertizzata dal tratto cervicale, con possibile interessamento e manifestazioni a carico degli arti superiori o problematiche ascendenti che possono interessare il cranio, l’area dei muscoli ioidei o l’apparato stomatognatico.

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