ultimo aggiornamento: 2 Marzo 2023 alle 15:48
definizione
Il termine, utilizzato per descrivere una condizione contraddistinta da un dolore intenso continuo ed estremamente debilitante associato ad alterazioni del trofismo dei tessuti, è derivato dal greco ἄλγος (álgos → dolore) e δύστροϕος (dýstrofos → distrofia, difficile a nutrirsi), che a sua volta discende da δύσ– (dýs– → alterazione, malformazione, difettoso funzionamento, anomalia, con significato peggiorativo) e τροϕος (trophos → nutrito); il quadro sintomatologico, caratterizzato da dolore estremamente invalidante che può manifestarsi come iperalgesia o allodinia, edema e arrossamento, alterazione della sudorazione, rigidità articolare e osteoporosi maculata (tutti in forma spesso ingravescente), si manifesta prevalentemente a carico degli arti, con localizzazione prevalente nel tratto mano-spalla, alle ginocchia ed a livello dei piedi.
Detta anche sindrome algodistrofica, originariamente fu descritta con dovizia di particolari da Silas Weir Mitchell, nel 1864, grazie all’osservazione degli esiti post-traumatici o da ferita da arma da fuoco nei militari feriti durante la guerra di secessione americana; fino agli anni ’80 si pensava che questa malattia fosse legata ad un disturbo del sistema nervoso simpatico, venendo chiamata anche distrofia simpatico riflessa (Reflex Sympathetic Dystrophy o R.D.S.), ma in seguito si è scoperto che la causa non è ascrivibile esclusivamente a questa parte del sistema nervoso ed oggi viene solitamente chiamata C.R.P.S. (Complex Regional Pain Syndrome → sindrome dolorosa regionale complessa).
Può essere definita come un dolore neuropatico, causato da un danno o da una disfunzione del sistema nervoso periferico o del sistema nervoso centrale, oppure da un’alterata stimolazione dei recettori per il dolore: in genere l’algia è sproporzionata rispetto al danno tissutale, assumendo le caratteristiche dell’iperalgesia o dell’allodinia, solitamente associata a sintomi generici ed aspecifici di infiammazione. La sindrome algodistrofica può manifestarsi in due forme:
→ la C.R.P.S. di tipo 1, ovvero l’algodistrofia come viene intesa comunemente, ovvero una sindrome dolorosa regionale complessa con le specifiche manifestazioni;
→ la C.R.P.S. di tipo 2, che corrisponde alla causalgia, una sindrome molto simile clinicamente che si verifica per lesione di un nervo periferico (neuroprassia o neurotmesi), specialmente dello sciatico, del mediano e del cubitale.
Anche il morbo di Sudeck deve essere considerato una forma di sindrome da dolore regionale complessa: colpisce piedi, gambe, braccia e mani e si manifesta o dopo una malattia o lesione che non ha danneggiato direttamente un nervo dell’area colpita oppure in conseguenza di una lesione nervosa specifica, rientrando nella dualità della sindrome algodistrofica; talvolta risulta difficile distinguere l’algodistrofia, nelle sue forme, dalla sindrome compartimentale in quanto i sintomi sono spesso sovrapponibili.
L’algodistrofia, essendo spesso conseguente ad un evento traumatico, solitamente non viene rilevata, a causa della non specificità dei sintomi, e può facilmente essere confusa con altre malattie che hanno tra i sintomi il dolore, la sensibilità modificata e l’osteoporosi localizzata: la diagnosi è puramente di tipo clinico. Il primo sintomo, rilevante e sempre presente, che deve essere preso in considerazione è il dolore regionale, che è la principale manifestazione della malattia: questo sintomo, peraltro, come già detto, del tutto aspecifico, si esprime come un dolore urente che si associa ad edema locale (anche importante) e può presentarsi sotto forma di allodinia o iperalgesia; sintomi di accompagnamento possono essere arrossamento e iperemia del tessuto coinvolto, cambiamento della temperatura a livello locale e alterazioni della funzione sudomotoria della regione colpita, che può manifestarsi con ipoidorsi o iperidrosi. Alle manifestazioni dolorose sono frequentemente associate disestesie e parestesie, come sensazioni di bruciore o intorpidimento, sinestesalgia e segni di lesione nervosa; eventuali esami radiologici dell’area interessata possono identificare la presenza di un disturbo localizzato del metabolismo osseo, secondario al processo infiammatorio, detto “osteoporosi a chiazze” (osteoporosi maculata).
I sintomi possono comparire dopo pochi giorni l’evento traumatico scatenante oppure oltre un mese, indipendentemente dall’entità del danno; contraddistinta da gravità variabile, la severità dell’evoluzione non è sempre proporzionale all’intensità o alla rilevanza del trauma iniziale; circa il 10% dei casi di algodistrofia si manifestano spontaneamente, apparentemente sine causa o senza che venga individuato uno specifico evento scatenante. Tende a colpire il sesso femminile in maniera prevalente (rapporto 3:1 rispetto agli uomini), con una maggior concentrazione nella fascia di età compresa fra i 30 e i 60 anni e raramente interessa i bambini e gli adolescenti: in ogni caso occorre considerare che spesso è sotto-diagnosticata o diagnosticata tardivamente.
trattamento della sindrome algodistrofica
Essendo una patologia di cui si conoscono ancora poco le cause ed essendo il sintomo dominante il dolore, spesso invalidante, l’obiettivo primario è di ridurre l’entità dello stesso: in ambito medico, antidolorifici e antinfiammatori classici, così come i cortisonici, solitamente hanno un effetto modesto e transitorio sulle manifestazioni dell’algodistrofia.
In questi casi l’intervento del professionista del ben-essere, con la visione olistiche che gli è propria, non solo è in grado di intervenire sulla molteplicità di aspetti potenzialmente coinvolti nella genesi di questa sindrome, complessa e piena di sfaccettature e zone d’ombra, ma può avere un ruolo importante per evitare un danno funzionale permanente: il trattamento andrebbe iniziato in una fase iniziale della patologia, quando ancora la sintomatologia dolorosa è tollerabile; purtroppo, chi soffre di algodistrofia non solo non riceve una diagnosi corretta, se non saltuariamente e tardivamente, ma spesso si rivolge all’operatore “alternativo” come “ultima spiaggia”, quando il dolore è ormai invalidante, rendendo più complesso e difficoltoso l’intervento di normalizzazione del quadro clinico.
Un aspetto solitamente poco considerato se non negletto in ambito medico, è lo stato di distress e disconfort che affligge chi presenta la sindrome algodistrofica che, pur essendo solitamente localizzata ad un arto, ha ripercussioni sugli equilibri somato-emotivi: l’utilizzo di tecniche di “reset”, in grado di agire sull’intero sistema nervoso come normalizzanti del livello di arousal, come ad esempio il ciclo neuro-vascolare, l’allentamento dello stress emotivo, il reset temporo-vascolare o la normalizzazione del ritmo cranio-sacrale, sono da considerarsi una scelta prioritaria in quanto, nella maggioranza dei casi, riducendo lo stato di iper-reattività neurologica, contribuiscono ad “abbassare” la risposta algica e la sinestesalgia; purtroppo, almeno in fase iniziale di trattamento (alla luce delle considerazioni sul ritardato intervento fatte precedentemente), l’effetto è limitato e la durata del beneficio è ridotta, ma la costanza e le ripetute applicazioni sono in grado di migliorare sensibilmente il quadro sintomatologico.
Le tecniche di unwinding, utilizzate dal Cranio-Sacral Repatterning®, possono rivelarsi di grande aiuto nel trattamento dei sintomi locali: in genere, nella C.R.P.S., si osserva un interessamento della fascia connettivale o della componente osteo-artro-mio-fasciale dell’arto coinvolto; l’intervento sulla radice dello stesso permette sovente una decompressione della componente neuro-vascolare e linfatica che migliora il quadro edematoso e infiammatorio a livello locale, riducendo l’iperstimolazione delle fibre nervose distrettuali. Anche in caso di neuroprassia o neurotmesi, presenti in vario grado nella C.R.P.S. di tipo 2, nel morbo di Sudeck e nella sindrome compartimentale, questo tipo di intervento, nel medio/lungo periodo, si è rivelato utile per favorire il corretto ripristino delle funzioni neurologiche.
Ugualmente la Kinesiologia Transazionale® e la Kinesiopatia® possono offrire un contributo significativo nel trattamento della sindrome algodistrofica; oltre al fatto che una parte delle tecniche di reset già enunciate sono proprie di queste discipline, occorre ricordare che possibilità di utilizzare il test muscolare come strumento di screening per identificare in che modo lo stress si manifesti nei vari ambiti soggettivi (secondo la visione espressa dal triangolo della salute), contribuendo alla multifattorialità tipica di questo tipo di patologia: che si rilevi la presenza di discomfort somato-emozionale, che si osservino carenze nutrizionali, che siano presenti squilibri funzionali o alterazioni della postura anche distali rispetto alla localizzazione dell’algodistrofia ma in grado di incidere sull’arto o sul suo segmento coinvolto da questa manifestazione regionale, che si tratti di identificare cofattori eziologici, fattori scatenanti o spine irritative, il contributo offerto da queste discipline può rivelarsi un prezioso atout nelle mani del professionista del ben-essere competente e preparato.
Inoltre, una volta superata la fase critica queste discipline, assieme all’Oltrelostress Coaching®, mettono a disposizione dell’operatore tecniche riabilitative e di riequilibrazione utili al ritorno della normale funzionalità dell’arto coinvolto: in particolare le tecniche di riprogrammazione neuro-mio-fasciale dell’Oltrelostress Coaching® consentono di facilitare l’attività muscolare specifica, neutralizzando possibili atteggiamenti antalgici acquisiti, reattività muscolari e limitazioni al movimento, contribuendo a prevenire o ridurre, qualora già presenti, la fibrotizzazione muscolare.