dis-comfort

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ultimo aggiornamento: 8 Febbraio 2021 alle 21:28

definizione

La scelta di utilizzare «dis-comfort» (o «dis-confort») piuttosto che «discomfort» (o «disconfort») non è solamente un vezzo grafico, ma vuole sottolineare il significato del prefisso «dis», dal greco δυσ– (dys– → alterazione, anomalia), primo elemento di parole composte nelle quali indica negazione o contrapposizione, rovesciando il senso positivo della parola a cui si prefigge: indica il difettoso funzionamento, la presenza di una forma di irregolarità o una difformità ma, soprattutto nega l’essenza della parola a cui si antepone; indipendentemente dal fatto che si utilizzi la forma «confort» (più simile alla radice latina), sia «comfort» (anglofona), il «dis-comfort» esprime l’incapacità di tollerare le avversità, il sentirsi in uno stato di disagio, che coinvolge non soltanto la sfera fisica ma anche quella emozionale.

Uno stato di «mal-essere» di cui non si conoscono completamente le cause, che coinvolge sia lo stato mentale, sia il livello energetico, potendo sfociare in uno stato di burn-out: si potrebbe affermare che il «dis-confort» è il primo passo verso lo sviluppo di forme morbose, portando la persona da una condizione di «dis-stress» al «dis-ease» ed, infine, allo sviluppo del «disease», cioè della malattia.

discomfort: stai male o sei ferito?

Nella nostra attuale società il discomfort viene considerata una cosa sgradevole possibilmente da evitarsi, un segno di arretratezza e, al contempo, induce a pensare che le scomodità siano associabili ad una sorta di inferiorità sociale: ci circondiamo di apparecchiature definite intelligenti, elettrodomestici che intercettano i nostri desideri prima ancora che possiamo formularli e comodità in genere che dovrebbero prevenire i nostri disagi e renderci felici; in un certo senso ogni cosa che potenzialmente potrebbe compromette la nostra «confort zone» viene percepita come “negativa”.

Ovviamente, volendo fare un paragone marittimo, se siete un vascello che ha subito gli effetti di una tempesta, ripararsi in rada per poter effettuare le necessarie riparazioni è da considerarsi quasi indispensabile, se non volete ridurvi ad un rottame, per cui prendersi cura del proprio «discomfort» previene l’insorgenza di un possibile burn-out, ma in contesti differenti, questo stato di disagio può essere considerato costruttivo.

Con il termine «discomfort», nella terminologia anglo-sassone, si indica uno stato di malessere associato a sensazioni sgradevoli che inducono risposte di elusione e difesa nei confronti delle possibili cause: in genere il dolore è uno dei principali responsabili dell’insorgenza di questo stato ed è per questo che spesso si considera le manifestazioni di disagio come indicatori fisici del dolore nei soggetti incapaci di esprimere verbalmente la propria condizione; che il termine descriva la risposta somato-emozionale ad un danno fisico o psichico, oppure ad uno stato d’animo siamo noi a definire l’impatto che questo può avere su di noi.

Ci sono ovvie situazioni in cui i segni del disagio esprimono la possibilità che il nostro corpo stia subendo un danno, ma ci sono altri contesti in cui la fuga nei confronti di ciò che crea sofferenza, fastidio e inquietudine può non solo essere inutile, ma addirittura rivelarsi controproducente. Siamo infatti noi a compiere le scelte che condizioneranno ciò che diverremo, indipendentemente dalle circostanze in cui ci troviamo ad agire.

Ci potremmo porre la domanda

«Siamo feriti (sottintendendo un danno reale) o ci sentiamo feriti?»

cioè “semplicemente” ci sembra di non essere valorizzati o proviamo commiserazione per noi stessi, umiliazione, mortificazione o qualunque altra “emozione negativa”? Nella lingua inglese potremmo dire «are you hurt (ti senti male) or are you injured (sei ferito)?» (il lemma italiano ferito esprime entrambi gli aspetti): la risposta a questa domanda è rilevante perché può determinare se sia il caso di “rifugiarci in una baia”, dove possiamo sentirci tranquilli e sicuri, al riparo dalle tempeste per effettuare le necessarie riparazioni, oppure se dobbiamo sentirci/essere rincuorati (l’etimologia latina di «comfort» sottintende il concetto di rendere forti, rafforzare).

«Siamo pronti a giocarci al partita fino in fondo, nonostante il malessere e la sofferenza, oppure il danno è tale che è meglio stare in panchina, in attesa che le ferite guariscano?»

La nostra mente a volte ci gioca brutti scherzi e, protesa alla ricerca di situazioni piacevoli e prive di difficoltà, gioca contro di noi, impedendoci di gestire il nostro malessere, perchè il dolore somato-emozionale che proviamo, talvolta, ci sembra straziante o paralizzante; le risorse che ci permettono di superare il «dis-comfort» sono quelle che ci permettono di gestire lo stress e di far fronte («coping») alle situazioni che richiedo performance e capacità di adattamento, indipendentemente da quello che proviamo. Padroneggiare l’abilità di scegliere come interagire con il dolore ed il «dis-comfort» è uno strumento che permette di interagire con ciò che ci indebolisce.

Talvolta può essere necessario essere “guidati” in questo processo da un professionista del ben-essere: la Kinesiologia Transazionale® offre differenti “complementi” attraverso cui identificare quando il disconfort, sia esso fisico o emozionale, è l’espressione di un “semplice” malessere o esprime un disagio più profondo e per mezzo dei quali “resettare” l’organismo e i sui metaprogrammi, attivando la «vis medicatrix naturæ» per favorire i processi di auto-guarigione.

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