ultimo aggiornamento: 22 Aprile 2023 alle 11:11
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l’alchimia gastro-intestinale
Se immaginiamo il tratto gastro-intestinale come un laboratorio alchemico, dove le sostanze cambiano forma ed essenza, notiamo una possibile associazione con le leggi spagiriche: la digestione è assimilabile alla fermentazione della materia grezza; l’assorbimento può essere paragonato alla distillazione, per separare la parte più pura e preziosa dalle sostanze “impure”. Il processo di eliminazione delle “scorie”, a sua volta, è associabile alla calcinazione del residuo, che permette l’inertizzazione salina del rimanente, “avanzato” dopo i processi di trasformazione.
Possiamo definire l’archenteron anteriore come il futuro “stomaco funzionale”: infatti, esofago, stomaco e prima metà del duodeno si svilupperanno da questo tratto, formando un “ventre” (gaster o γαστρός) che, come un “vas alchemicus”, ha il compito di trasformare il cibo. Gli elementi atti a favorire la “digestione” della materia sono offerti dalla parte ghiandolare esocrina, che si sviluppa in questo segmento dell’archenteron, a partire dall’endoderma: le ghiandole salivari, le cellule ossintiche e le cellule peptiche dello stomaco assieme al sistema epato-biliare e al pancreas esocrino, in grado di produrre enzimi e catalizzatori (acido cloridrico e bile) funzionali al processo digestivo.
Il “ventre” si comporta come un crogiolo in cui le sostanze sono miscelate continuamente con catalizzatori (gli enzimi) che accelerano le reazioni biochimiche: il processo di trasformazione degli alimenti che avviene in questo tratto, è assimilabile alla “fermentazione” alchemica, cioè all’attivazione e vivificazione della “materia inerte”, attraverso il cambiamento della “forma”; questo processo, che può essere detto di “chiarificazione”, prepara i “nutrienti” alla fase seguente, cioè all’assimilazione.
Quest’ultima può essere comparata alla trasformazione che si verifica nella “distillazione”, utilizzata per estrarre la parte essenziale dalla sostanza grezza che è stata fermentata, digerita e chiarificata, attraverso la separazione e sublimazione degli elementi vitali, cioè delle energie “sottili”, dalla massa inerte e “spessa”, depotenziando le eventuali sostanze tossiche. In pratica, assumere la parte nobile della materia affine e conforme alla nostra essenza per renderla simile a noi, cioè trasformarla e fonderla col nostro io.
Il secondo tratto dell’archenteron è il segmento preposto alla funzione assimilativa, dove si completa la fase digestiva ed elaborativa e si inizia a “comprendere” ed “acquisire” i nutrimenti: l’intestino embrionale intermedio dà origine alla seconda metà del duodeno, al digiuno ed all’ileo, cioè a quelle parti dell’apparato enterico tradizionalmente deputate all’assorbimento delle sostanze nutritive; da questo stesso tratto si originano anche il cieco, il colon ascendente e i due terzi prossimali del colon trasverso. Funzionalmente è possibile considerare anche il processo di assorbimento dei sali minerali (elettroliti) ed acqua, che avviene nel primo tratto dell’intestino crasso, come parte dell’assimilazione.
L’ultimo tratto dell’archenteron, detto intestino posteriore, si estende dalla parte terminale dell’intestino trasverso (che diverrà la flessura colica sinistra) fino al proctodeo, dando origine al colon discendente, al sigma e infine al retto, con il seno urogenitale e suoi derivati; la cloaca, porzione terminale dilatata dell’intestino posteriore, inizialmente rappresenta un terminale comune alle vie digestive (intestino posteriore) e urinarie (allantoide).
Nel segmento terminale dell’intestino avviene la trasformazione finale dei residui alimentari: grazie al microbiota, si completano i processi metabolici di trasformazione e inertizzazione del chilo intestinale, che viene disidratato, compattato, trasformato in un veicolo per il trasporto delle sostanze tossiche eliminate dall’organismo attraverso il sistema enterico e, soprattutto, inertizzato. È interessante notare che il risultato dei processi di calcinazione sono sostanze minerali private dell’acqua, dell’ossigeno, dell’anidride carbonica e dei solfati; quando le feci permangono lungamente all’interno di diverticoli intestinali, il materiale fecale può trasformarsi in coprolito, in pratica in pietra …
La funzione della porzione terminale dell’intestino non è mai stata approfondita al punto da essere considerata in qualche modo secondaria; ugualmente la presenza del microbiota intestinale è spesso stata vista più come una “invasione” da parte di microorganismi potenzialmente patogeni, latori di infezioni (dal latino infectāre ossia “avvelenare, intorbidare”), piuttosto che una entità simbiotica in grado di completare quei processi metabolici di trasformazione delle sostanze che il nostro organismo non è o non è più in grado di “chiarificare” attraverso la digestione.
Durante questo processo, il microbiota intestinale, che si comporta come un organismo in simbiosi mutualistica, produce sostanze importantissime per il nostro organismo, contribuisce a rendere assorbibili i sali minerali, metabolizza sostanze tossiche che derivano dalla fermentazione del chilo o che sono state escrete dall’organismo per trasformare il materiale intestinale in sostanze inerti: le feci. Il processo di eliminazione, che spesso viene visto come un fatto insignificante, non solo completa il processo gastro-enterico assumendo un ruolo non meno importante delle altre due fasi, ma la sua alterazione può portare alla disidratazione, all’insorgenza di fenomeni tossici per l’organismo, alla malattia.
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risorse:
→ colite spastica: la Sindrome dell’Intestino Irritabile
- Sindrome dell’Intestino Irritabile: cause?
- Intestino Irritabile: “diagnosi” differenziale
- Sindrome Intestinale e Funzionalità Gastro-Enterica
- Entero-Colite Spondilogenetica & IBS Neurogena
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