ultimo aggiornamento: 12 Gennaio 2023 alle 15:44
definizione
Il movimento della spalla è il risultato di un movimento sincrono e coordinato di tutto il complesso articolare: questo fenomeno rappresenta il cosiddetto “ritmo gleno-omerale-scapolo-toracico”; quando il movimento della spalla viene espresso attraverso un armonico susseguirsi di azioni, sincrone e coordinate, possiamo parlare di “ritmo scapolo-omerale”.
Le principali componenti articolari della spalla sono l’articolazione gleno omerale e la pseudo-articolazione scapolo-omerale: il mancato sincronismo e l’inadeguata coordinazione neuro-muscolare sono i principali responsabili della formazione di conflitti, che portano inevitabilmente allo sviluppo di patologie disfunzionali.
descrizione
La spalla è il complesso articolare dotato di maggiore mobilità, in assoluto, nel corpo umano: è costituita da tre snodi (articolazione scapolo-omerale, articolazione sterno-claveare e articolazione acromio-clavicolare), da due articolazioni funzionali, dette pseudo-articolazioni (articolazione sotto-acromion-deltoidea e articolazione scapolo-toracica) e da gruppi muscolari in grado di assicurare il movimento dell’arto superiore su tutti piani dello spazio e, contemporaneamente, garantire la centratura della testa dell’omero nella glenoide scapolare (equilibrio gleno-omerale).
La stabilità articolare è fisiologicamente garantita da stabilizzatori statici e dinamici: la capsula articolare gleno-omerale, il labbro glenoideo, il legamento coraco-omerale e il legamento gleno-omerale possono essere considerati i principali stabilizzatori statici, mentre la componente muscolare, che assicura la centratura della testa dell’omero nella glenoide durante i movimenti, deve essere considerata la componente dinamica.
Possiamo suddividerei i muscoli coinvolti nel movimento del cingolo scapolo-omerale in:
→ protettori della gleno-omerale: cuffia dei rotatori, composta dal muscolo sopraspinato, muscolo, muscolo infraspinato e muscolo piccolo rotondo (extrarotatori) oltre al muscolo sottoscapolare (intrarotatore) a cui si aggiunge il muscolo grande rotondo, sinergico nell’intrarotazione omerale;
→ rotatori della scapola: muscolo trapezio, muscolo elevatore della scapola, muscoli romboidi, muscolo piccolo pettorale, muscolo gran dentato;
→ posizionatori omerali: muscolo deltoide, muscolo gran pettorale, muscolo gran dorsale;
Il muscolo bicipite brachiale, grazie al suo capo lungo, funge da stabilizzatore accessorio della testa omerale.
L’organizzazione del movimento attraverso l’attuazione sequenziale di risposte neuro-muscolari, che prevedano un ordine sequenziale di attivazioni o inibizioni muscolari, è indispensabile per permettere la sinergia motoria: se prendiamo in considerazione, ad esempio, l’elevazione della spalla, possiamo renderci conto di come l’articolazione gleno-omerale e l’articolazione scapolo-toracica debbano muoversi in maniera sincrona, per permettere un movimento fluido e naturale: durante le fasi di elevazione e abduzione della spalla, la quantità e la qualità del movimento reciproco determina il “ritmo scapolo-omerale”, cioè la capacità di muoversi sincronicamente e reciprocamente, rispettando una tempistica fondamentale per la corretta esecuzione del gesto. Tale “consecutio temporum” neuro-mio-fasciale, indispensabile per non generare conflitti articolari e mantenere l’equilibrio gleno-omerale, è l’elemento “sine qua non”, cioè la componente imprescindibile, per garantire il buon funzionamento della spalla e prevenire eventuali lesioni. Il ritmo scapolo-omerale rappresenta quindi la sequenza armonica dei movimenti che coinvolge tutte le articolazioni e tutti i muscoli del complesso articolare della spalla: i muscoli del cingolo scapolo-omerale interagiscono tra di loro generando specifiche coppie di forze in grado di mantenere fisso e stabile il centro istantaneo di rotazione tra la testa omerale e la glenoide durante il movimento (equilibrio gleno-omerale).
Un altro esempio della necessità di un ordine temporale nell’azione, per rispettare il ritmo scapolo-omerale, è l’abduzione dell’omero rispetto alla scapola: questo movimento è intrinsecamente limitato dal conflitto che si instaura tra la grande tuberosità omerale e l’acromion; affinché avvenga la rotazione esterna dell’omero, durante l’abduzione, è necessario che il trochite possa di scivolare oltre la protuberanza acromiale. Il gesto viene compiuto grazie ad una serie di segmenti motori, caratterizzati da gradi di movimento espressi in gradi di rotazione, che presuppongono l’attivazione di gruppi muscolari differenti: se l’omero è intra-ruotato, ha la possibilità di sollevarsi solo per un angolo di 60°, rispetto alla scapola; per permetterne l’elevazione e l’extra-rotazione oltre questo limite fisiologico, è necessaria la contemporanea rotazione verso l’alto della scapola. Pertanto, durante i primi 60° di elevazione omerale, si verifica un contestuale movimento di rotazione scapolare di circa 30°, con un abduzione finale di circa 90° dell’arto superiore; simultaneamente la clavicola dovrà elevare la sua estremità acromiale, ruotando intorno ad un asse antero-posteriore, situato in prossimità dello sterno. A 90° di abduzione dell’arto superiore, ogni ulteriore rotazione della clavicola e della scapola viene impedita dalla tensione del legamento coraco-clavicolare e del legamento costo-clavicolare: per permettere una ulteriore rotazione verso l’alto della scapola di 30° e dell’omero di 60°, la clavicola deve ruotare posteriormente su un asse longitudinale, tanto da elevare l’estremità acromiale; riassumendo, la scapola ruota in totale di 60°, l’omero si eleva di 120° rispetto alla scapola e, anche grazie alla rotazione della clavicola, l’arto superiore può raggiungere i 180° in abduzione. Questo esempio ci permette di comprendere come la coordinazione neuro-mio-fasciale sia un elemento imprescindibile per il movimento armonico: l’alterazione di questa “ritmicità” è, essa stessa, fonte di processi disfunzionali e lesioni articolari.
L’alterazione del ritmo scapolo-omerale è l’espressione della disfunzione o dell’alterazione delle componenti muscolari ed articolari che intervengo nella biomeccanica della spalla: un processo patologico a carico di una qualsiasi delle strutture che compongono il complesso articolare della spalla, può determinare dolore e limitazione funzionale, che, attraverso atteggiamenti antalgici e compensatori, genera una progressiva disarmonia funzionale e degenerazione patologica.