ultimo aggiornamento: 20 Ottobre 2023 alle 8:51
definizione
Locuzione utilizzata in Kinesiologia Transazionale® e Kinesiopatia® per descrivere un’attitudine ansiosa nei confronti di ciò che la vita pone sul cammino di ognuno; potrebbe essere classificata come una forma di disconfort o distress ovvero come una manifestazione di ansia ed angoscia, anche se, in realtà, queste definizioni, mirando a racchiudere il disagio esistenziale e la coscienza che se ne può avere, possono essere considerate limitanti, in quanto lo spettro emozionale associato a questo stato d’animo può variare in maniera piuttosto significativa.
la “durezza del vivere”
Il “male di vivere ogni giorno” potrebbe essere definito come quel sentimento che si prova di fronte al senso di intimidazione o pericolo, come reazione al “nulla che minaccia l’esistenza” ed al senso di vuoto, oppure alla caducità e all’insignificanza delle cose; in realtà, in questo stato dell’animo umano traspare come un’ombra l’idea del mal-essere e della melanconia: racchiude un vissuto emotivo vasto, multidimensionale e multidirezionale, un’idea ambigua del sentire, che può essere utilizzata per indicare comportamenti diametralmente opposti, ovvero un insieme di atteggiamenti anche difformi ma che hanno in comune un ordinario denominatore, cioè la difficoltà di rapportarsi e confrontarsi con le “sfide” che la quotidianità ci mette di fronte.
L’elemento cardine che trasforma un qualunque evento quotidiano in un possibile ostacolo che rende la vita “dura” e “difficile” è la percezione soggettiva della realtà, cioè del contesto (ecosistema) in cui ci si ritrova inseriti, dei rapporti con le persone con cui si hanno relazioni significative e della percezione che abbiamo su noi stessi; la “ratio essendi”, cioè la ragione che genera la percezione della durezza del vivere è lo stress, ovvero la fatica che comporta superare le sfide che ci si parano davanti con la necessità di garantire una performance adeguata agli standard che ci prefiggiamo.
Spesso la metafora con cui viene rappresentata la vita è un cammino, un percorso (non di rado irto di ostacoli) che ci porta dalla nascita fino alla naturale conclusione del nostro ciclo vitale: per quanto si possano incontrare difficoltà, contrattempi, impacci, inconvenienti o intralci sul proprio cammino (ovvero nella propria vita), ciò che trasforma le prove cui siamo sottoposti nel “male di vivere ogni giorno” è la disparità che percepiamo fra chi siamo e l’onere e l’impegno che ci viene richiesto (anche da noi stessi), cioè quanto stress (negativo), ovvero dis-stress, ingenererà il confronto cui siamo chiamati.
spesso il male di vivere ho incontrato
Il tema della durezza del vivere, del “mal du vivre”, è un sentire così diffuso da attraversare la letteratura che, come uno specchio della società, descrive un sentire che spazia dalla noia e dallo spleen o dalla melanconia e dall’acedia, passando per l’“ennui”, il “taedium vitae” e l’apatia, fino all’angoscia che prova l’uomo di fronte alla disillusione, al nulla che minaccia l’esistenza, di fronte alla caducità e all’insignificanza delle cose: da Charles Baudelaire a Eugenio Montale, il male di vivere viene descritto ed affrontato come un disagio esistenziale che può richiedere di di affidarsi alla «divina Indifferenza» del mondo (Eugenio Montale), a quel distacco dalle passioni di cui parlavano gli Stoici, se non all’atarassia.
Il concetto non è solo riconducibile al “mal du vivre” dei “poètes maudits” (poeti maledetti francesi) come Charles Baudelaire, da lui sintetizzato nella parola “spleen”, o nel tedio descritto magistralmente nel personaggio dell’opera di Samuel Beckett, “Aspettando Godot”, che cristallizza la sua “noia di vivere” nell’attesa, ma è già presente nella letteratura latina che la manifesta con l’espressione “taedium vitae” (→ noia della vita), con cui si esterna l’atteggiamento spirituale di chi, per un eccesso di pessimismo o per essere in uno stato di profondo sconforto e avvilimento psicologico, sente disgusto dell’esistenza.
la crisi spirituale dell’uomo moderno, in un mondo che pare sul punto di sgretolarsi e dissolversi. Il male di vivere del poeta ligure non è una restaurata malattia romantica; è piuttosto il tentativo di testimoniare il malessere, lo scacco, l’impotenza dell’intellettuale e della cultura che sa di aver perso i propri punti di riferimento storico e le proprie basi conoscitive. Ma il male di vivere è anche l’incapacità dell’uomo di comunicare, è isolamento, frattura, vita strozzata. E’ il male dell'”essere”, in quanto ci impedisce di avere delle certezze, di conoscere la realtà e noi stessi.