ultimo aggiornamento: 1 Agosto 2023 alle 10:11
definizione
Letteralmente, dal francese, «già visto»: tipo di paramnesia, cioè un falso riconoscimento, che consiste nella impressione illusoria di aver già visto una certa immagine, di aver provato una sensazione o addirittura di aver già vissuto una determinata situazione (fatto che più correttamente dovrebbe essere definito “déjà vécu”), anche se la circostanza può essere razionalmente e facilmente smentita; il termine “déjà vu” è stato coniato dallo psicologo francese Émile Boirac, che all’inizio del Novecento, lo citò per la prima volta nel suo libro “L’Avenir des Sciences Psychiques” (Il futuro delle Scienze Psichiche). La definizione scientifica ufficiale di déjà vu, proposta nel 1983 dallo psichiatra Vernon Neppe, è: “qualsiasi sensazione soggettiva di falsa familiarità che porta a identificare l’esperienza attuale con un’altra che si colloca in un passato imprecisato”.
Il déjà vu può essere ritenuto un fenomeno psichico che comporta una alterazione o una sorta di confusione dei ricordi: fatti casuali provocano la sensazione di aver già vissuto prima quella precisa esperienza; può essere considerato una semplice un’anomalia della nostra memoria, cioè una paramnesia, anche se potrebbe essere reputato anche una forma di pseudomnesia, in quanto elementi di fantasia danno luogo a ricordi di situazioni mai vissute, creando, ad esempio, i cosiddetti falsi riconoscimenti, ovvero una confusione fra il presente realmente percepito e un ricordo erroneamente ritenuto tale.
La locuzione può essere utilizzata, anche, per denominare immagini elaborate in passato sotto l’influsso di letture ed evocate in forma di ricordo, o più in generale come reminiscenza di fantasie inconsce, oppure per descrivere il richiamare alla mente cose già viste, già vissute e sperimentate realmente anche se, in questo caso sarebbe più corretto parlare di flashback. Infatti mentre il déjà vu è l’impressione di aver già vissuto un evento presente, il flashback è un ricordo reale che torna improvvisamente alla mente.
«Alla categoria del miracoloso e del perturbante appartiene
anche quella particolare sensazione che si ha in certi momenti e in certe situazioni,
di avere già vissuto una volta proprio quella esperienza,
di essersi già trovato una volta nella medesima circostanza,
senza che abbia mai successo lo sforzo di rammentare chiaramente
quel passato che sentiamo così vivamente.»
(Sigmund Freud – “Psicopatologia della vita quotidiana”, 1901.)
l’origine del déjà vu
Il déjà vu può essere originato da differenti contesti, quali stanchezza o forti emozioni, che possono essere un fattore causale piuttosto comune anche nei soggetti “normali”; nel 2016 un team di scienziati coordinati dal Dott. Akira O’Connor, presso l’Università di St Andrews (Gran Bretagna), ha elaborato una teoria secondo cui, il déjà vu altro non sarebbe che una sorta di verifica dello stato della nostra memoria, ovvero che il cervello ha trovato un errore, un contrasto tra ciò che si è realmente visto e ciò che invece pensiamo solo di aver vissuto: un’esperienza di memoria nebulosa generata da uno scontro tra valutazioni di familiarità e novità per lo stesso stimolo.
Quando si incontra uno stimolo, il lobo temporale mediale si attiva in modo appropriato e sorge una normale sensazione di familiarità con i ricordi di accompagnamento di eventi vissuti in precedenza: se il lobo temporale mediale viene attivato in modo inappropriato in risposta a uno stimolo non familiare, un individuo può sperimentare familiarità senza ricordi di accompagnamento, producendo la sensazione di déjà vu
Il lobo temporale attiva la memoria attraverso l’ippocampo, il centro in cui vengono immagazzinate ed elaborate le informazioni legate alla memoria, dove sono create le mappe dei luoghi e delle esperienze: quando un evento “nuovo” tende a somigliare in maniera marcata ad una delle mappe mentali dove sono immagazzinate le nostre memorie, la nuova situazione, a livello sensoriale o emozionale, tende a sovrapporsi con momenti del nostro passato, in qualche modo si crea a livello mentale una confusione, un malfunzionamento del cervello nell’elaborare nuove informazioni, collegato con la memoria episodica.
In un certo senso, il déjà vu potrebbe essere collegato a discrepanze nei sistemi di memoria del cervello, portando l’informazione sensoriale a scavalcare la memoria breve termine per raggiungere quella a lungo termine provocando la sensazione inquietante che accompagna la falsa memoria.
In base a recenti studi, oggi si tende a differenziare fra due forme di déjà vu:
→ déjà vu come errore del “sistema memoria”: il classico alterato riconoscimento di un ricordo: tipico sintomo pre-crisi negli epilettici con lesioni del lobo temporale e/o perdita di materia grigia nella corteccia visiva e nell’ippocampo;
→ déjà vu come stato psicologico: l’abbinamento di questi alterati ricordi con particolari stati psichici, come la derealizzazione, depersonalizzazione o i sogni ad occhi aperti; presente prevalentemente nei soggetti sani si manifesta per come conseguenza degli stimoli emotivi/sensitivi.
déjà vu e ansia
Le esperienze di déjà vu, sono spesso, fugacemente, avvertite anche da soggetti sani, in condizioni di forte stress (soprattutto emotivo) potendo essere pertanto definite un fenomeno fisiologico, anche, in realtà, è stata trovata una correlazione clinica con alcuni disturbi mentali come la schizofrenia, l’ansietà, gli stati crepuscolari psicogeni, stati di depersonalizzazione e di derealizzazione, ma, soprattutto, con l’epilessia del lobo temporale.
A prescindere dalle situazioni marcatamente patologiche, l’ansia è contraddistinta da un’incidenza di questo fenomeno piuttosto frequente, soprattutto in presenza di attacchi di panico; non di rado nelle manifestazioni ansiose si possono verificare le cosiddette “esperienze déjà”, come il déjà rêvé (la sensazione di vivere ciò che si è sognato), il déjà vécu (l’impressione di aver vissuto quel che si sta vivendo), il presque vu, (il ricordare parzialmente qualcosa, cioè “ricordare quasi, ma non del tutto“, riconducibile alla sensazione di “avere qualcosa da dire sulla punta della lingua”), il déjà visité (già visitato), déjà senti (già provato, a livello fisico e/o mentale) o il déjà éprouvé (che si è già provato a fare) “dejà entendu” (già compreso), “dejà eprouvè” (già provato), “dejà fait” (già fatto), “dejà pensè” (già pensato), “dejà racontè” (già raccontato), “dejà voulu” (già voluto), “déjà senti” (già sentito): tutte queste sensazioni di “già vissuto” incrementano il senso di insicurezza, creando nel soggetto ansioso il dubbio che aumenta il distress e il disconfort, rendendo la persona ancora più vulnerabile, esitante e perplessa.
In questi casi, spesso si associa il cosiddetto “esprit de l’escalier”, cioè la tendenza, dopo una discussione, a rivedere il proprio comportamento o le proprie affermazioni mentalmente, immaginando risposte alternative, probabilmente migliori, ma che arrivano troppo tardi rispetto a quanto è accaduto: la sensazione di aver subito una provocazione verbale o di essere oggetto di una affermazione (accusa) ritenuta ingiusta senza essere in grado di esprimere o elaborare una replica immediata e adeguata, mentre una risposta vincente ed efficace sovviene solo in un secondo momento, quando si è ormai “sulla scala”, cioè quando è troppo tardi per usarla; in pratica, nella terminologia anglosassone, gli “afterthoughts”.
Nell’ansia possono verificarsi anche situazioni opposte come le esperienze del “jamais-vu” (mai visto) o del “jamais-vécu” (mai vissuto), nelle quali situazioni ben note vengono percepite come nuove ed estranee, spesso con carattere perturbante o minaccioso, che possono verificarsi in stati di coscienza alterati, schizofrenici, confabulatori, tossici o di forte emozione (stress post-traumatico, panico protratto) o, non raramente, epilettici.
il déjà vu nella letteratura
La storia del déjà vu ha appassionato, oltre alla scienza, anche la letteratura: scrittori e poeti si sono spesso dimostrati osservatori più acuti degli scienziati al punto che già Sant’Agostino, già nel 400 d.C. scriveva di falsae memoriae; Walter Scott descriveva questo fenomeno come “un senso di pre-esistenza” e anche Dickens, Tolstoj e Proust ne parlano nei loro romanzi. In particolare Proust “gioca” con la memoria, interpolando i ricordi con le reminiscenze, i flashback con i déjà vu, al punto da arrivare a generare la “sindrome della Madeleine”, è una condizione che associa oggetti, gesti, colori, un particolare gusto o un profumo all’evocazione di ricordi del passato.
Un interessante uso del déjà vu (in associazione/antitesi con il presque vu e lo jamais vu) si ritrova nel romanzo “Comma 22” (Catch-22) di Joseph Heller, edito nel 1961 (pubblicato per la prima volta in Italia da Bompiani nel 1963), un capolavoro della letteratura antimilitarista di tutti i tempi, per la rappresentazione grottesca della retorica militare della morte, il romanzo ha una struttura narrativa caotica e circolare, con una gestione del tempo che avanza per flashback e flashforwards; un approfondimento dell’argomento e la citazione di brani tratti dal testo di “Comma 22” sono presenti nel lemma presque vu.
I fratelli Larry e Andy Wachowski, nel film “Matrix” (1999), in un dialogo fra Neo e Trinity, fanno dire ai protagonisti che il déjà-vu è un errore del sistema, cioè “Un déjà vu è un’imperfezione di Matrix, capita quando cambiano qualcosa”: Neo vede due volte lo stesso gatto nero …
«Neo: “Uhm, déjà-vu”
Trinity: “Scusa, cos’hai detto?”
Neo: “Niente, solo che ho avuto un piccolo déjà vu”
Trinity: “Esattamente cosa hai visto?”
Neo: “È passato un gatto nero davanti a quella porta, e subito dopo un altro uguale”
Trinity: “Sai dire se era lo stesso gatto? Quanto uguale?”
Neo: “Forse. Non sono sicuro. Non lo so, ma cosa sta succedendo?”
Trinity: “Il déjà vu è un problema tecnico, significa che tra poco qualcosa di brutto accadrà all’interno di Matrix”.»
In “The Matrix Resurrections” (2021), Lana Wachowski dà inizio al film con un errore di sistema che fa rivivere al capitano Bugs il momento in cui la rivoluzione, che portò alla pace tra uomini e macchine ebbe inizio; questo le fa affermare: : «Così déjà vu e così tutto sbagliato. Forse non è la storia che pensiamo sia.».
Nel film di fantascienza “Déjà vu – Corsa contro il tempo”, del 2006, diretto da Tony Scott, Denzel Washington interpreta un agente che viaggia indietro nel tempo per evitare un attentato terroristico e per salvare una ragazza di cui si è innamorato durante le indagini: il film si basa sulle ricerche scientifiche condotte sul fenomeno del déjà vu, e in particolare sulla teoria di un multiverso con singoli universi destinati a incrociarsi casualmente; consulente scientifico del film è stato il fisico e cosmologo Brian Greene.
la sindrome di Louis Bar: il déjà vu patologico
Anche se il déjà vu occasionale e saltuario è un’esperienza comune e non patologica nelle persone sane, esistono forme croniche cronico che possono essere cosiderati la conseguenza di un danno neurologico.
Il primo caso di déjà vu cronico venne descritto alla fine del XIX° secolo dallo psichiatra francese Francois-Léon Arnaud: Louis Bar, un ufficiale dell’esercito francese, venne ricoverato nella Casa della Salute di Vanves a causa di alcuni strani sintomi, ovvero confondeva il presente con il passato e aveva la costante sensazione di rivivere all’infinito momenti accaduti anni o mesi prima.
Una volta giunto nella struttura, sostenne di esservi già stato, nonostante le numerose prove a dimostrazione del fatto che fosse la prima volta che vi entrava: era persino convinto che il medico stesse fingendo di non conoscerlo; quando monsieur Bar vide per la prima volta il dottor Francois-Léon Arnaud, si comportò nel modo in cui le persone si comportano quando incontrano una persona sconosciuta.
Subito dopo, l’espressione di monsieur Bar divenne molto più gentile e familiare e rivolgendosi al dottor Arnaud, disse: «Già la conosco, dottore. Lei mi ha salutato un anno fa nella stessa stanza. Mi ha fatto le stesse domande che mi sta facendo ora, così come io le sto dando le stesse risposte. Recita molto bene la parte della persona sorpresa, ma ora può smettere di fingere».
Monsieur Bar era convinto che la ripetizione delle esperienze passate fosse assolutamente reale.
Il déjà vu patologico di monsieur Bar si diffuse, in seguito in differenti ambiti della sua vita, divenendo sempre più frequente: al matrimonio del fratello, per esempio, ricordava di aver assistito alla stessa cerimonia un anno prima, con gli stessi ospiti, nello stesso luogo e con tutti i dettagli posizionati in modo identico; disse che non capiva perché ripetessero di nuovo il matrimonio.
Lo studio del dottor Arnaud di questo caso singolare si è rivelato fondamentale sia in quanto fu uno delle prime ricerche scientifiche inerenti il déjà vu patologico, sia poiché il caso clinico di déjà vu delirante e persistente, fu in grado di anticipare casi con sintomi simili direzionando gli studi questi disturbo della memoria a carattere dissociativo.