ultimo aggiornamento: 12 Maggio 2020 alle 23:38
Dal latino, letteralmente, «luogo di minore resistenza»: qualsiasi punto o regione dell’organismo che, presentando una diminuita capacità di difesa, possa favorire un processo morboso o un’infezione generale; qualunque aspetto della sfera emotiva che renda la persona vulnerabile. Da un punto di vista mitologico/epico il greco Achille piè veloce o l’eroe teutonico Siegfried sono l’esempio simbolico di questo concetto: il loro corpo è immune tranne che per un locus di minoris resistenziæ: il tallone di Achille o il punto in mezzo alle spalle di Sigfrido, che il sangue del drago non ha bagnato, sono il punto debole che permette di superare l’immunità e invulnerabilità e di provocare la morte del “prode semidio”. Concettualmente il “locus minoris resistentiæ” simboleggia il nostro punto debole, quell’aspetto del nostro essere, quella parte del nostro corpo che, essendo più esposta o più fragile, diventa l’area di somatizzazione primaria dovuta all’incapacità dell’organismo di fronteggiare gli stressor ed utilizzare pienamente la proprie capacità vitali o la forza rigeneratrice insita nel corpo. Esempi nell’ambito anatomo-patologico sono le aree delle pareti muscolari, che possono andare incontro a erniazione, o la tonaca mucosa e muscolare intestinale soggetta a fenomeni di estroflessione ed evaginazione; i dischi intervertebrali, sottoposti ad un maggior carico ed ad un’usura più intensa, per la loro localizzazione, che divengono le aree dove si somatizzano le tensioni somato-emotive. Il concetto appartenente sia alla visione terapeutica della Kinesiopatia® Osteopatica, sia all’orientamento olistico del Cranio-Sacral Repatterning®, in quanto esprime la diminuzione distrettuale della attitudine allostatica dell’organismo; l’incapienza dell’organismo, o di sue parti, agli effetti che lo stress esercita sull’omeostasi corporea, spesso come conseguenza dell’azione di un fattore scatenante. Qualunque organo o regione dell’organismo, indipendentemente dal fatto che quest’area di debolezza sia congenita o dipenda da una diminuita capacità acquisita, risulta più facilmente prono a manifestare dinamiche disfunzionali o alterazioni patologiche: il “processo terapeutico” può essere visto più come un susseguirsi di stadi di rigenerazione che si esplicano grazie alla facilitazione della “Vis Medicratrix Naturaæ“, permettendo il “rafforzarsi” delle aree deboli dell’organismo, quelle di minor resistenza agli insulti, piuttosto che la riparazione di un danno di tipo meccanico.