distopia

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ultimo aggiornamento: 17 Agosto 2023 alle 23:33

definizione

Rappresentazione di un possibile futuro contraddistinto da una aura di negatività e pessimismo sulla possibile evoluzione del presente, caratterizzata dalla incombenza di una realtà da incubo, dove gli ideali utopistici sono specularmente ribaltati: infatti, contrariamente all’utopia ed in una ottica di critica e polemica rispetto alle tendenze avvertite nel presente, la visione distopica preconizza situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali e tecnologici altamente negativi, l’esatta antitesi dell’aspirazione ad un mondo ideale, ove mancano la speranza per un futuro migliore o la presenza di un progetto di società equilibrata ed equa.

Infatti potrebbe essere definita come una utopia negativa ovvero un’anti-utopia, una contro-utopia, o cacotopia, cioè la rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro, seppur prevedibile sulla base delle tendenze insite nel presente (e percepite come altamente negative), in cui viene presagita un’esperienza di vita indesiderabile o spaventosa: l’esatto opposto di quanto idealizzato nel romanzo “L’Utopia” (il titolo originale in latino è “Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia”), dell’umanista, scrittore e politico cattolico inglese del 1500, Sir Thomas More, latinizzato in Thomas Morus: nel viaggio immaginario, descritto nel romanzo, si ipotizza l’esistenza di un mondo ideale (societas perfecta,) ove il governo è giusto ed efficiente in una società senza conflitti; la distopia è il contrario di questa perfetta utopia, un mondo ipotetico segnato dalla presenza di una società caratterizzata da espressioni sociali o politiche opprimenti, spesso in concomitanza o in conseguenza di condizioni ambientali o tecnologiche pericolose, che sono state portate al loro limite estremo.

Il termine distopia è composto dai termini del greco δυς– (dys– → un prefisso che aggiunge il concetto altamente negativo di contrarietà, difficoltà, erroneità, dubbiezza) e τόπος (topos → luogo); in realtà il termine è utilizzato anche in medicina per indicare l’alterata localizzazione di organi o tessuti, conseguente a malformazione. Nel 1868 fu John Stuart Mill, un filosofo ed economista britannico, a usare questa parola durante un discorso nella Camera dei Comuni, anche se già nel 1747 venne usata la parola «dustopia», chiaro precedente del lemma distopia, dimostrando che, sebbene l’opinione comune ritenga che parlare di distopia e di terribili futuri sia qualcosa di nuovo, è evidente che il termine è in uso da diversi secoli; nel 1818 il filosofo utilitarista Jeremy Bentham, riflettendo sul concetto di utopia e ha coniato il termine cacotopia: la parola deriva dal greco e vuole dire luogo cattivo e malvagio: è formata dall’aggettivo greco κακός (cacòs → cattivo) e τόπος (topos → luogo).

stress – ansia – distopia

Oltre che un fenomeno di psicologia sociale ed un genere letterario, in realtà la distopia può assumere le caratteristiche di un bias cognitivo o di un sistema di credenza in grado di generare uno stato di distress ed ansia che può sfociare in atteggiamenti fobici o paranoidi: dal declinismo all’ecoansia, dalla retrospettiva rosa ai flashforward con predizioni negative, le differenti manifestazioni soggettive di ansia anticipatoria possono divenire vere e proprie forme morbose.

In genere esiste una correlazione specifica fra l’incremento della attitudine distopica, all’atteggiamento di presagire un futuro catastrofico e lo stress che sostiene e fomenta l’ansia: l’aspettativa di tregenda si acuisce in modo esponenziale ogni volta che chi soffre di ansia anticipatoria (sotto traccia o conclamata) aumenta il proprio livello di disconfort e distress. Non di rado questa dinamica assume le caratteristiche della profezia autoavverantesi, creando una sorta di legge dell’attesa in negativo: più aumenta il disagio del presente, frequentemente conseguenza della difficoltà o incapacità di affrontare situazioni contingenti che fungono da stressor, più la proiezione verso il futuro del malessere attuale si ingigantisce; più si entra in loop negativo contraddistinto dalla presenza di una flight and fright response, più ogni ostacolo, ogni sfida, ogni difficoltà ogni ulteriore richiesta diviene insormontabile, come se la capienza individuale verso tali richieste si fosse esaurita, creando le condizioni per presagire un futuro deprimente e nefasto.

In queste persone, non di rado la propensione all’egodistonia rafforza la preconizzazione di una evoluzione distopica della propria vita: seppur spesso inconsapevolmente, basandosi su eventi emotivamente significativi della propria vita, sviluppano una ipotetica linea temporale che, senza soluzione di continuità, dai traumi passati, passando per la difficoltà di gestione delle difficoltà del presente, si proietta verso un possibile futuro contraddistinto da una aura di negatività e pessimismo; risulta evidente che ogni evento possa divenire, a questo punto, un nuovo stressor e, allo stesso tempo, un presagio che riconferma l’ineluttabilità del “avverso destino” cui ci si sete predestinati, trasformando la quotidianità in una continua fight – flight – fright reaction, dominata da emozioni negative che esprimono la frustrazione.

Nelle forme meno conclamate, l’attitudine distopica viene celata sotto preoccupazione per il futuro per sé, per i propri cari o per il mondo (pianeta), mascherando l’ansia anticipatoria sotto comportamenti socialmente responsabili o attenzioni salutistiche o di attenzione e cura: morbosa attenzione per il possibile futuro dei figli, ecoansia e stigmatizzazione verso quei comportamenti che in quello specifico momento o periodo vengono visti come comportamenti socialmente inappropriati che devono essere corretti o modificati per un ipotetico bene collettivo (o supremo …), non meglio identificate apprensioni per la salute, inquietudini causate dalla tecnologia o dalle armi non controllate, cruccio per l’evoluzione della società, timore per l’economia, il cambiamento climatico, la guerra … sono solo alcune delle possibili aree in cui si focalizza l’ansia alla base della proiezione distopica soggettiva o sociale, che può assumere forme di fissazione o paranoia.

Per quanto molte di queste istanze possano essere condivisibili, esiste un confine, seppur talvolta difficilmente distinguibile, dove una sana preoccupazione sfocia in un atteggiamento ossessivo associato ad una attenzione morbosa per ciò che, nella visione pessimistica di chi soffre di questo bias cognitivo, inevitabilmente porterà alla distopia; i sintomi di questo disagio emozionale sono evidenti, anche se spesso chi soffre di questo “morbo” tende a minimizzare o celare il proprio mal-essere: sebbene possano manifestarsi in forme piuttosto eterogenee, possono essere definiti come somatizzazioni dell’ansia e forme di angoscia, assumendo le tipiche caratteristiche di una poliedricità sintomatica che può rendere difficile comprendere che, in ultima istanza, sono tipiche manifestazioni di stress associate alla paura per il futuro.

La Kinesiologia Transazionale® e la Kinesiopatia® offrono tecniche in grado di ridurre lo stress, permettendo, da un lato, di uscire dalle dinamiche reattive tipiche della “fight-or-escape response” (che ci pone continuamente in una ottica di lotta), dall’altro, di aumentare la capienza energetica soggettiva incrementando la capacità di fronteggiare con maggiore serenità gli stressor cui siamo sottoposti: le possibilità d’intervento sono molteplici, in quanto per migliorare l’equilibrio ed il ben-essere, è possibile agire sul versante nutrizionale, sugli effetti esercitati dalla tensione fisica che si riversa sotto forma di somatizzazione e modifica la postura, rendendo tutto più difficile, oltre a ridurre l’impatto delle emozioni sulla nostra capacità di pensiero.

L’obiettivo è quello di creare un circolo virtuoso che permetta, riducendo gli effetti causati dallo stress cronico e dalla sindrome generalizzata di adattamento di effettuare una sorta di reset, utilizzando tecniche di allentamento dello stress emotivo, per effettuare una corretta contestualizzazione delle esperienze del passato, in grado di influenzare il presente e condizionare la capacità di vivere nel “qui e ora”, affrontando le difficoltà e le sfide quotidiane, in un’ottica di miglioramento per il domani; citando il saggista, storico e filosofo scozzese Thomas Carlyle, possiamo poeticamente affermare che:

«la pietra d’ingombro sulla strada del debole è la pietra miliare,
il punto di partenza nel cammino del forte
»

ovvero che, in realtà, riducendo l’influenza dello stress sull’organismo, è possibile intervenire sull’inquietudine e sulle ansie che attanagliano le persone a livello emozionale, offrendo la possibilità di trasformare un visione distopica in sfide da affrontare.

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