definizione
Giudizio (o pre-giudizio), non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppato sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque ad un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio: è un pattern sistematico di deviazione dalla norma o dalla razionalità nel giudizio.
Può essere definito come la tendenza a creare la propria realtà soggettiva, a “deragliare” rispetto all’oggettività in un paradigma totalmente soggettivo: un bias cognitivo è uno schema di deviazione del giudizio che si verifica in presenza di certi presupposti che spesso rappresentano forme di adattamento, in quanto portano ad azioni più efficaci in determinati contesti, o permettono di prendere decisioni più velocemente quando maggiormente necessario; in termini di patterns comportamentali possono essere definiti metaprogrammi adattivi e predittivi. In alcuni casi derivano dalla mancanza di meccanismi mentali adeguati, o dalla errata applicazione di un meccanismo altrimenti positivo in altre circostanze.
bias cognitivi e sopravvivenza
Il termine bias deriva dall’inglese, col significato di inclinazione, ma può essere fatto ascendere all’antico provenzale «biais» (→ obliquo, inclinato), indicando, pertanto l’inclinazione o la predisposizione: l’origine del termine «bias cognitivo» può essere fatto risalire alle ricerche degli psicologi Amos Tversky e Daniel Kahneman, pubblicate nel 1974 con il titolo “Judgment under Uncertainty: Heuristics and Biases”, finalizzate a studiare in quale modo gli esseri umani prendono le loro decisioni in contesti dominati dall’incertezza e con limitate risorse individuali (tempo, informazioni, capacità cognitive …); il risultato del loro lavoro ha evidenziato che gli individui prendono le loro decisioni utilizzando un numero limitato di scorciatoie mentali (valutazioni euristiche), piuttosto che sofisticati processi razionali.
Oggi noi sappiamo che, per l’essere umano, è impossibile adottare un pensiero esclusivamente razionale perchè la mente ha incorporato, durante l’evoluzione, una serie di comportamenti intuitivi fondamentali per la sopravvivenza in ambienti ostili, basati sulle decisioni euristiche: processi di pensiero automatici che aiutano il rapido raggiungimento di una soluzione nel momento in cui occorre prendere una decisione in uno specifico contesto; i bias cognitivi possono essere considerati il rovescio della medaglia delle euristiche, avendo lo scopo di indurre l’essere umano a ignorare una parte delle informazioni oggettive, per favorire la rapidità e frugalità decisionali.
I bias cognitivi possono esercitare nei confronti del sistema intuitivo un’alterazione percettiva, predeterminando le risposte e ostacolando l’espressione della razionalità, cioè del giudizio basato su dati oggettivi e reali, portando ad errori sistematici, nel momento in cui occorre prendere decisioni in condizioni di incertezza, facendo prevalere le proiezioni delle esperienze passate sul presente (o sul futuro) secondo logiche del tipo «better safe than sorry».
«Motivazioni in gran parte inconsce alla base del comportamento umano
possono trattenere le persone o addirittura essere in conflitto diretto con i loro valori e obiettivi,
determinando una conseguente “immunità al cambiamento”».
(Robert Kegan, Lisa Laskow Lahey)
aspetti cognitivi
Il bias cognitivo può essere considerato una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio: le persone sono influenzate da concetti preesistenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici o comprovati dalla realtà, con la conseguenza che i “pregiudizi” (bias cognitivi) possono influenzare le idee, le opinioni o i comportamenti individuali; la maggioranza di questi “patterns” può essere generato dalle componenti più ancestrali e istintive del cervello.
Alla luce degli schemi di funzionamento della mente umana, tali metaprogrammi, patterns o bias cognitivi che dir si voglia non possono essere eliminati completamente ma possono essere riconosciuti, condizionati o tenuti in considerazione, riducendone i possibili effetti distorsivi: ovviamente in ogni momento della propria vita siamo tenuti a mettere in atto processi decisionali finalizzati alla gestione delle situazioni (coping) che abbiamo di fronte, ovvero nel nostro ecosistema di riferimento; questo processo è influenzato direttamente dai differenti fattori quali l’esperienza individuale, il contesto culturale e i sistemi di credenza, il giudizio altrui o gli schemi mentali.
La paura di prendere una decisione che causi danno e l’anticipazione delle conseguenze future dei nostri atti, assumono spesso un ruolo non secondario nella genesi del nostro pensiero: se da una lato questi fattori consentono di prendere una decisione in tempi piuttosto brevi, dall’altra parte ne possono minare la validità in quanto possono agire da bias cognitivi, ovvero pregiudizi; il fattore tempo (urgenza) può essere un fattore determinante nel processo decisionale.
L’esperienza individuale è un elemento rilevante in quanto ogni persona cerca di valutare il contesto presente in funzione delle esperienze passate, omettendo le differenze ove possibile, al fine di poter riutilizzare gli stessi criteri adottati in una situazione passata simile, anche il disconoscimento della realtà oggettiva del presente e delle differenze rispetto agli eventi passati può essere determinante nell’invalidazione della valutazione finale; ugualmente i contesti culturali di appartenenza, i tabù, le credenze tribali, volenti o nolenti, tenderanno a condizionare le scelte ponendo una particolare enfasi sul ruolo dei valori ritenuti come positivi, secondo i modelli di riferimento personali.
Il cervello agisce sulla base di mappe o schemi mentali validi per far fronte a gran parte delle situazioni, anche se esistono particolari frangenti che possono essere affrontate correttamente solo uscendo dalle mappe mentali consolidate: il rimanere vincolati ai propri patterns o metaprogrammi, può avere effetti limitanti o essere fonte di errori di valutazione se non si riesce ad uscire da tali schemi quando ci si confronta con nuovi scenari. Il bias cognitivo, detto di conferma, che consiste nel selezionare le informazioni possedute in modo da porre maggiore attenzione, e quindi maggiore credibilità, su quelle che confermano le proprie convinzioni e, viceversa, ignorare o sminuire quelle che le contraddicono.
Occorre non dimenticare che l’ansia e la paura di prendere “decisioni errate” può portare, immancabilmente a prendere “decisioni errate”, come conseguenza del paradosso della profezia che si autoavvera: la “non-scelta” come espressione di una scelta.
Spesso le persone tendono a percepire pattern significativi tra dati casuali, volti a sostenere e divenire elementi di conferma dei loro bias cognitivi: questo fenomeno è detto “patternicity” (apofenia): tipicamente tale schema mentale è evidente nei soggetti ludopatici che immaginano di vedere pattern nei numeri che compaiono in lotterie, giochi di carte o roulette (gambler’s fallacy). La pareidolia è la forma visiva o uditiva dell’apofenia; si è ipotizzato che la pareidolia combinata con la ierofania fosse d’aiuto nelle società antiche a organizzare il caos e a rendere intelligibile il mondo.