ultimo aggiornamento: 13 Marzo 2024 alle 17:41
definizione
Disturbo psicologico per cui le persone colpite fingono una malattia, un trauma psicologico o, addirittura, a procurarsi danni fisici al solo scopo di attirare attenzione, compatimento o simpatia verso di sé, col solo intento di mettersi al centro della scena e sembrare dei malati gravi: in alcuni casi, questi soggetti possono ingerire o iniettarsi sostanze, in modo da indurre l’insorgenza di una vera patologia; prende il nome dal barone Freiherr Karl Friedrich Hieronymus von Münchhausen, nobile tedesco vissuto nel XVIII° secolo, che era noto per raccontare molte storie fantastiche e inverosimili su se stesso, descrivendo avventure mirabolanti e imprese straordinarie, che esistevano in realtà solo nella sua fantasia: lo scrittore tedesco Rudolf Erich Raspe pubblicò queste storie, nel 1785, nel romanzo “Le avventure del barone di Münchhausen”. Talvolta è possibile trovare anche la grafia Münchausen
Conosciuta anche col nome di sindrome da dipendenza dell’ospedale, classificata come “disturbo fittizio”, è una forma morbosa spesso non immediatamente individuabile, che viene identificata solo dopo aver escluso una lunga serie di affezioni che potrebbero giustificare il quadro sintomatologico riferito dal soggetto: le persone con disturbi fittizi autoinflitti investono tempo ed energie per cercare di convincere i familiari, gli amici e, soprattutto, gli operatori sanitari a prendere sul serio la propria sofferenza; la sindrome di Münchhausen deve essere differenziata dai disturbi dissociativi o dai disturbi somatoformi e, soprattutto, dall’effetto nocebo e non deve essere confusa con l’ipocondria o la patofobia.
La sindrome di Münchhausen per procura è fortemente connessa con la sindrome di Münchhausen: questa sindrome è contraddistinto dal fatto che un caregiver, per lo più una persona familiare, possa produrre i sintomi di una malattia in una seconda persona a lei affidata, come un figlio, un genitore anziano o un parente disabile, al fine di ricevere attenzione lei stessa; talvolta questa sindrome può colpire anche un operatore professionale. La disfunzione psicologica di questo quadro morboso, cioè del disturbo fittizio imposti ad altri, affligge per lo più madri che arrecano un danno fisico al figlio/a per attirare l’attenzione su di sé: il bambino/a, in questo caso, viene usato quindi per appagare un desiderio inconscio del genitore di mettere in atto un dramma personale e rinforzare la propria relazione con i medici o l’ambiente ospedaliero.
manifestazioni cliniche
Questo disturbo psicologico spinge chi ne è affetto a curarsi per una malattia acuta e spesso grave che in realtà non esiste o che è stata deliberatamente autoindotta, al fine di ottenere cure mediche fino all’ospedalizzazione: chi è affetto dalla sindrome di Münchhausen può passare la vita tra un ospedale e un altro, fingendo di avere patologie che non ha, inventando completamente sia l’anamnesi clinica che la sintomatologia; alcune persone arrivano a sottoporsi ad inutili e molteplici interventi chirurgici, collezionando cicatrici di vario tipo. Poiché chi ne soffre non è cosciente del disturbo psichico da cui è affetto, quando viene smascherato nega la falsificazione, ritenendo che gli siano negate le cure per il suo mal-essere e, se ricoverato in una struttura sanitaria, se ne allontana, fuggendo, per farsi ricoverare in un altro ospedale dove cerca qualcuno che «sia in grado di capire al sua malattia e curarlo in modo adeguato».
La sintomatologia accusata da questi soggetti è quanto mai varia e spesso aspecifica, soprattutto per il fatto che una parte dei sintomi sono simulati: i soggetti affetti da sindrome di Münchhausen si sottopongono a frequenti visite mediche, a procedure diagnostiche invasive e, non di rado, ad interventi ed a terapie non di rado dolorose, manifestando una tendenza masochistica; non dirado, nelle fasi avanzate della patologia, la storia clinica divien molto complessa, supportata da un numero elevato di referti medici, visite specialistiche, rapporti di pronto soccorso e schede di dimissione ospedaliera.
In genere i “soggetti Münchhausen” dichiarano di essere affetti da patologie o problemi fisici difficilmente dimostrabili o documentabili e, tutto sommato, abbastanza diffusi quali forti cefalee o mal di testa, intensi dolori addominali, sindrome del colon irritabile, fibromialgia o polimialgia, svenimenti e lipotimie e, talvolta, arrivano ad alterare il risultato dei test diagnostici, si auto-infliggono tagli e bruciature, assumono di proposito abbondanti dosi di farmaci e/o mangiano volontariamente cibi scaduti o mal conservati ma possono anche auto-procurarsi lesioni o patologie più gravi per mezzo dell’assunzione di sostanze irritanti o tossiche, giungendo a veri e propri avvelenamenti: in estrema sintesi fanno di tutto per peggiorare la propria salute, sottolineando, spesso storie cliniche contraddistinte da patologie croniche e ricorrenti che non hanno riscontro nella realtà; comportamenti frequenti sono, oltre a raccontare storie incredibili sul proprio passato considerati estremamente indicativi della malattia che sostengono di avere, recandosi di continuo nelle strutture ospedaliere della zona in cui abitano.
Solitamente hanno un’approfondita conoscenza medica della patologia di cui lamentano i sintomi, che denunciano continuamente nonostante non ci siano quasi mai riscontri negli esami diagnostici svolti: l’accesso ad internet spesso offre a queste persone un’ampia scelta di patologie strane e descrizioni sintomatologiche che li rendono molto ferrati nella patologia che “scelgono” di esibire; una patologia associata, detta “Münchhausen by internet (→ Münchhausen su internet), è caratterizzata dal fatto che questi soggetti si iscrivono ai gruppi di supporto on-line riservati alle persone affette da malattie gravi e vi partecipano come fossero dei malati veri, ingannando i partecipanti e raccontando storie completamente inventate.
che fare?
La sindrome di Münchhausen può essere considerata una malattia mentale ed un disturbo del comportamento, cioè un quadro psichico da non sottovalutare non solo per la difficoltà nell’identificare questo morbo, ma per le possibili conseguenze che il sottoporsi a procedure mediche e chirurgiche può comportare: allo stesso tempo non si può non rilevare che questo atteggiamento, contraddistinto da un ossessivo “doctor shopping”, sia una esplicita richiesta di attenzione e considerazione che nasce da un profondo disconfort e distress, espressione di una grave egodistonia.
Risulta evidente che il primo passo è l’accertamento che esista, da parte della persona che presenta sintomi sospetti, un inganno in assenza di un evidente vantaggio esterno, cioè che la falsificazione dei sintomi non sia finalizzata a ottenere vantaggi economici (simulazione per truffa, ottenimento di un’invalidità o di un risarcimento ..), ad evitare le responsabilità (dipendente infedele che voglia assentarsi dal lavoro o da parte di chi si occupa di una persona bisognosa che voglia evitare incombenze sgradevoli …) o ad ottenere farmaci antidolorifici a base di oppiacei (dipendenza ..).
La catamnesi, cioè lo studio della storia clinica nel periodo successivo all’insorgere della malattia presunta o dei trattamenti diagnostici o terapeutici, è fondamentale: la presentazione atipica di una condizione medica o mentale (come, ad esempio, patologie prolungate, inspiegabili e/o ripetitive …), l’insorgenza di sintomi o i comportamenti si manifestano esclusivamente quando l’individuo è osservato dalle persone care o dal personale sanitario, comportamenti atipici nelle strutture sanitarie (come presunzione di “saperne di più del personale sanitario”, pretesa che vengano effettuati esami diagnostici particolari o particolarmente invasivi, pseudologia fantastica …), sono manifestazioni che possono far sospettare una sindrome da dipendenza dell’ospedale.
Il sospetto può sorgere qualora i test di laboratorio o gli esami strumentali non evidenzino sistematicamente la presenza di riscontri che confermino la natura dei sintomi: l’assenza di lesioni rilevabili, durante un’endoscopia, che spieghi un sanguinamento; ecografie che non rilevano mai alterazioni, nonostante la presenza di dolori addominali o coliche ripetute; il rapido sviluppo di complicanze o nuovi disturbi se le indagini diagnostiche iniziali risultano negative sono solo alcune delle possibili situazioni che deve far dubitare l’esistenza di un quadro patologico reale.
Il problema è acuito dal fatto che, essendo l’unica motivazione reale da parte di chi manifesta questi “sintomi” è mettersi al centro dell’attenzione, non ci si può aspettare una reale collaborazione da chi è affetto dalla sindrome di Münchhausen anzi, quando diagnosticati (ovvero scoperti …), spesso rifiutano la diagnosi (e di conseguenza qualsiasi trattamento), non cooperano e non sono complianti, riducendo le possibilità di essere aiutati grazie ad un trattamento adeguato: l’accettazione dell’esistenza del problema è il primo passo necessario per intraprendere un cammino verso il ben-essere.
La sindrome di Münchhausen è paragonabile, in un certo senso alle dipendenza ed alle addizioni quali l’alcoolismo o la ludopatia, in quanto il disconoscimento del problema è l’essenza del problema stesso; a questo si aggiunga il fatto che si possono osservare, nelle persone vicine a chi è affetto da questo quadro morboso, forme di codipendenza: l’intervento del professionista del ben-essere, nelle forme meno gravi, può rivelarsi di grande aiuto in quanto, grazie alla valutazione multidimensionale, basata sul triangolo della salute, è possibile identificare quali possibili fattori complementi terapeutici (somato-emozionali, biochimici, spirituali …) sono in grado di sostenere il processo di reset a cui necessariamente deve sottoporsi che è affetto da questo quadro morboso.
Le tecniche di allentamento dello stress emotivo, l’integrazione nutrizionale per ridurre gli effetti neurologici dello stress causati dalla risposta generalizzata di adattamento e dal burn-out, le procedure di riequilibrazione del sistema cranio-sacrale (come il reset temporo-vascolare), riattivando la vis medicatrix naturæ presente in ognuno, possono essere un valido aiuto per incrementare la capienza e sostenere la capacità di cambiamento di chi decide di intraprendere un percorso di “guarigione”.