ultimo aggiornamento: 21 Gennaio 2023 alle 16:31
definizione
Dal latino orbĭta (→ traccia segnata dalla ruota; linea circolare), deriva da orbis (→ cerchio, circonferenza): il termine è impiegato per designare un incavo contraddistinto dalla presenza di un orifizio circolare; in genere utilizzato nella locuzione orbita oculare, per descrivere le cavità dell’esocranio, costituita dal comporsi delle ossa sia del neurocranio, sia dello splancnocranio, in cui sono contenuti i globi oculari, può essere adoperato anche per descrivere l’acetabolo dell’articolazione coxo-femorale.
orbita oculare
Cavità esocranica di forma conica-piramidale, che contiene e protegge l’occhio, formata da differenti ossa appartenenti al neurocranio, cioè alla scatola cranica propriamente detta, e al massiccio facciale, cioè allo splancnocranio che si articolano fra loro a formare il complesso orbitario, contraddistinto da una apertura circolare attraverso cui l’occhio “vede” il mondo esterno: questo spazio osseo rappresenta un crocevia anatomico nel quale confluiscono vasi sanguigni, fibre nervose, muscoli, ghiandole lacrimali ed altri annessi essenziali per l’adeguato funzionamento dell’organo della visione.
Raramente si osservano differenti profondità della cavità orbitale: l’esoftalmo (proiezione del globo oculare verso l’esterno) o l’enoftalmo (anomalo infossamento del bulbo oculare nell’orbita) sono legati a disfunzioni endocrine e non alla struttura dell’orbita oculare, anche se talvolta patologie che interessano la cavità possono dare origine alla protrusione o all’infossamento bulbare; le fratture dell’orbita di origine traumatica, che rappresentano circa il 40% circa di tutti i traumi cranio-facciali, sono spesso responsabili delle deformazione della stessa.
orbita della cavità acetabolare dell’anca
Solitamente ci si avvale del termine orbita per sottolineare la capienza della cavità acetabolare e la predisposizione ad ospitare la testa del femore all’interno del cotile articolare e del cercine che lo circonda: si usa normalmente il termine “orbita profonda” (chiamata anche “coxa profunda”) quando si vuole evidenziare una maggiore profondità della articolazione coxo-femorale che, per la sua struttura a cupola, nella parte concava (inserto) presenta una più ampia superficie di scorrimento articolare che abbraccia la porzione sferica, ricoperta di cartilagine, della testa del femore.
L’orbita della cavità acetabolare dell’anca iene chiamata anche orbita coxale.
L’orbita profonda, solitamente di origine costituzionale o genetica, è in grado di condizionare la cinematica dell’articolazione coxo-femorale, limitando certi movimenti come il piegamento sulle gambe (spesso conosciuto col termine inglese squat), gesto che abitualmente viene effettuato nel sedersi o nel sollevarsi da una sedia: la presenza di un’orbita profonda limita la rotazione del bacino, inferendo parte del movimento associato allo squat sulla zona lombare (con rettilineizzazione della curva lombare) o costringendo (soprattutto nella pratica sportiva) a compensare parte delle rotazioni articolari con ginocchia e caviglie; gli elementi costitutivi dell’anca che influenzano la cinematica durante lo squat profondo sono il grado di profondità della cavità acetabolare, la posizione dell’acetabolo nella coxa e l’inclinazione del collo del femore.
Esistono delle conformazioni anatomiche che durante la massima flessione dell’anca inducono, tramite la spinta del femore sul tetto acetabolare, una rotazione (tilt) posteriore del bacino: in presenza di un’orbita profonda, cioè di una maggiore profondità acetabolare, si osserveranno delle limitazioni al movimento di piegamento limitandone la profondità (impossibilità di eseguire uno squat profondo), rispetto ad articolazioni acetabolari della coxa con una minore profondità (adatta allo squat profondo); oltre alla presenza (o alla assenza) di un’orbita profonda della cavità articolare dell’anca, anche l’esistenza di un acetabolo retroverso (che provocherà un contatto precoce della coxa con il femore, riducendo l’ampiezza del movimento) o la presenza di una coxa valga (verticalità del collo del femore, che comporta una posteriorizzazione del contatto della testa del femore con il centro dell’acetabolo, inducendo un contatto anticipato con il suo labbro superiore) saranno elementi in grado di limitare la profondità della flessione sulle gambe.
Effetti similari possono essere riscontrati, come conseguenza della presenza di un’orbita profonda dell’articolazione coxo-femorale, nella classica “spaccata”, sia essa frontale o sagittale (laterale): in questa posizione, ove le gambe vengono divaricate al massimo, la profondità del cotile, la posizione dell’acetabolo e l’inclinazione del collo femorale possono svolgere un ruolo favorente o limitante all’esecuzione della manovre ginniche: nell’assumere questa posizione, in cui le gambe si trovano allineate in direzione opposta, formando idealmente un angolo di 180°, i muscoli flessori dell’anca, i muscoli ileo-psoas, i muscoli quadricipiti ed i muscoli ischio-crurali devono poter indurre un movimento di “apertura” delle gambe. Se un’orbita profonda può rivelarsi un fattore limitante all’esecuzione della “spaccata”, una scarsa profondità dell’acetabolo dell’articolazione coxo-femorale può creale la tendenza alla sublussazione dell’anca, che spesso si manifesta in forma ricorrente nella maggior parte dei ballerini professionisti quando questi eseguono il movimento di “spaccata” frequentemente, e all’insorgenza di un profondo dolore inguinale, conseguente all’interessamento dei muscoli della cuffia dei rotatori dell’anca.