ultimo aggiornamento: 30 Maggio 2020 alle 17:56
ex juvantibus – ex nocentibus
Il termine nocentibus potrebbe essere tradotto dal latino con la perifrasi “verso il peggioramento”: deriva dal participio presente del verbo nocĕre (→ nuocere), nocens cioè nocente, parola poco usata dal significato “che nuoce”, “che danneggia”, “nocivo”, ma anche “colpevole”; interessante notare che se si aggiunge a nocens il prefisso negativo latino in-, si ottiene la parola “innocente”.
Il lemma «ex juvantibus» (o il suo equivalente «ad juvantibus») può essere considerato l’antonimo di «ex nocentibus»: il medico italiano Giovanni Rasori, all’inizio dell’ottocento, sostenne che la diagnosi poteva essere fatta con sicurezza solo per mezzo del criterio «ex adiuvantibus et nocentibus», ovvero, che occorreva trovare il rimedio in grado di neutralizzare la malattia e poi rimuoverlo, per vedere se si verificava un peggioramento in grado di confermare il “colpevole”.
Se si preferisce, una volta effettuata una «diagnosi ex juvantibus», eliminando lo stressor identificato come agente causale, venga fatta una controprova reintroducendo la noxa, a cui deve conseguire un ritorno della sintomatologia confermando, «ex nocentibus», la prognosi.
ex nocentibus: lisi o crisi?
Un limite concettuale nell’uso del «criterio ex nocentibus» per la formulazione di una diagnosi, consta nel fatto che non necessariamente ogni apparente esacerbazione dei sintomi, conseguente all’applicazione di un rimedio, sia riconducibile ad un reale peggioramento del dis-stress organico o della malattia: qualche volta, l’aggravamento di un sintomo o l’acutizzazione di una manifestazione devono essere considerati segni di un cambiamento positivo e non il fallimento dell’intervento terapeutico, l’inasprimento della disfunzionalità o un ulteriore deteriorarsi dello stato di salute
La riacutizzazione dei sintomi che può verificarsi dopo avere intrapreso un percorso di riequilibrazione non è obbligatoriamente un fatto negativo o l’indicatore «ex nocentibus» utile a convalidare una diagnosi: talvolta deve essere considerata il segnale che l’organismo affronta una “crisi” di trasformazione e risanamento verso la guarigione. Non sempre il cammino verso il benessere è piano, anzi è un percorso dissestato, con alti e bassi, che, di tanto in tanto, richiede di fermarsi o impone di fare qualche passo indietro, prima di poter proseguire verso il ben-essere.
In particolare, parlando di discipline olistiche quali la Kinesiologia Transazionale®, la Kinesiopatia® o il Cranio-Sacral Repatterning®, dove l’obiettivo è la riequilibrazione dell’individuo nella sua globalità e non la semplice soppressione dei sintomi, come avviene spesso nella medicina “convenzionale” o “allopatica”, non sempre il cambiamento avviene per “lisi” ma in certe circostanze attraverso “crisi”. Il modello che può essere utilizzato come riferimento è quello della defervescenza: la cessazione di uno stato febbrile può avvenire attraverso uno sfebbramento graduale con un miglioramento progressivo dello stato di benessere (per lisi) oppure la caduta della febbre si manifesta bruscamente (per crisi).
Possiamo assimilare la malattia ad una progressiva penetrazione del “morbo” nell’organismo: attraverso la graduale saturazione della capienza e della resilienza corporea ed il progressivo depauperamento della forza vitale, si instaura una reazione di stress con la conseguente attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisario-corticosurrenalico e una risposta generalizzata di adattamento; il risultato di questo processo difensivo è la stratificazione di compensazioni e dis-funzionalità.
Quando si intraprende un percorso di guarigione, la “risoluzione” del dis-ease avviene seguendo un iter che può ripercorrere le tappe intermedie del decadimento energetico che ha portato all’insorgenza del burn-out: il ripristino dei processi biochimici, che possono promuovere la detossificazione dell’organismo, la riacquisizione di un habitus e di una postura più equilibrata, con il rimettere in moto l’attività muscolare, il riconoscimento di emozioni e sentimenti, che possono causare l’attivazione di un effetto trigger, può far affiorare fasi di disagio e fasi intermedie di distress.
Le “crisi di guarigione” devono essere considerate il segno che il cammino intrapreso verso il benessere sia quello giusto, per quanto costellato da momenti in cui si ha la sensazione che le manifestazioni dovrebbero far pensare al fallimento, secondo il «criterio ex nocentibus»; per questo motivo il professionista del ben-essere, deve sostenere il cambiamento e supportare il corpo nel processo naturale di riequilibrio e di ripristino dello stato di salute.