ultimo aggiornamento: 3 Novembre 2020 alle 15:08
definizione
Il termine «drusen» è in realtà il plurale della parola «druse», uno dei piccoli depositi giallastri di detriti cellulari che si accumulano tra lo strato epiteliale pigmentato della retina e lo strato collagene interno della coroide (membrana di Bruch), tipicamente associati all’invecchiamento e che possono essere un segno di alcune condizioni patologiche come degenerazione maculare: deriva dal tedesco «druse» (gromma, pezzo di minerale cristallizzato, geode, nodulo), ma il termine è utilizzato anche in lingua inglese per definire le «scorie»: anche nella lingua italiana esiste la parola «drusa», etimologicamente derivata dal tedesco, col significato di aggruppamenti di cristalli impiantati sopra una matrice (mineralogia) o, in botanica, le «druse» sono ammassi di sostanze diverse (più spesso ossalato di calcio), che si trova sotto forma di cristalli nelle cellule parenchimatiche.
descrizione – eziopatogenesi
Le drusen retiniche sono minuscoli accumuli, di colore giallo o biancastro, depositi costituiti prevalentemente da materiale extracellulare proteico-lipidico, che si accumulano tra la membrana di Bruch e l’epitelio pigmentato retinico dell’occhio: quest’ultimo è costituito da un monostrato di cellule pigmentate, sopra cui prendono posto i coni ed i bastoncelli, che svolgono varie funzioni, fra cui rifornire di sangue e nutrienti (provenienti dalla coroide) le cellule della retina; la membrana di Bruch è una sottilissima lamina di 2 ÷ 4 μm, formata da due membrane basali (una dalla parte della coroide e una dalla parte dell’epitelio pigmentato retinico), fibre collagene e fibre elastiche che permette il passaggio dei prodotti metabolici di scarto, eliminati precedentemente dalle cellule dell’epitelio pigmentato retinico, in direzione della coroide.
Le drusen sono costituite da varie sostanze tra cui proteine, lipidi e zuccheri, con cellule dendritiche; possono anche essere ricchi di mediatori chimici dell’infiammazione e talvolta mostrano la presenza di alcuni tipi di amiloide: la loro origine è ancora in discussione anche se un’ipotesi abbastanza realistica paragona le drusen a «lapidi di cellule dell’epitelio pigmentato retinico morte». Possono rappresentare prodotti di scarto accumulati attorno a un «nidus» che funge da focus irritativo, ove il nucleo può essere il risultato di un processo flogistico o l’effetto dell’ammassarsi di detriti assorbiti dai fagociti: le druse attraversano vari stadi di nucleazione, espansione e coalescenza, talvolta andando incontro ad involuzione e scomparsa.
tipi di drusen
Esistono comunque almeno due tipi di drusen:
⇒ drusen rigidi (hard) – di piccole dimensioni, solitamente con un diametro inferiore a 63 µm e margini ben definiti, si dispongono distanti l’uno dall’altro e non sono generalmente collegati ad alcun problema oculare, ma segno, piuttosto, di degenerazione senile.
⇒ drusen molli (soft) – depositi di grandi dimensioni (fino a 125 µm) sono anche chiamate dure se sono piatte, spesso disposti l’uno accanto all’altro, con bordi poco definiti e riscontrabili solitamente nelle persone colpite da degenerazione maculare senile secca.
La presenza di alcune piccole hard drusen è normale con l’avanzare dell’età, essendo presenti come reperto comune nella maggior parte delle persone sopra i 40 anni, divenendo una costante dopo i 60 anni: è un fenomeno legato all’invecchiamento, accompagnato da atrofia dell’epitelio pigmentato retinico e dalla scomparsa del pigmento retinico in vari punti; la presenza di un elevato numero di drusen nella macula, in genere più grandi, è un segno comune di degenerazione maculare senile (A.M.D. → Age-related Macular Degeneration), che in genere comincia quando fanno la loro comparsa i drusen molli mentre la zona centrale della retina comincia ad assottigliarsi, provocando un graduale oscuramento della vista, perdita della visione centrale e altri disturbi visivi come le dismorfopsie o le metamorfopsie (il test di Amsler, una griglia di sottili quadrettature nere su fondo bianco, consente di mettere in evidenza le anomalie e i deficit del campo visivo centrale).
Col tempo, all’assottigliamento della macula fa seguito, prima, una sua atrofia e, poi, la morte della sue cellule costituenti; in alcuni frangenti, la degenerazione maculare senile dalla forma secca si può tramutare in quella umida (o essudativa), una patologia decisamente più invasiva e ingravescente che può pregiudicare in breve tempo e fortemente la visione centrale. Solo circa 3 occhi su 100 con drusen dure sviluppano A.M.D. o altre sequele, ma questo aumenta fino al 26 ÷ 34% con drusen morbide; quando si osserva pigmentazione coroidale insieme a drusen, significa che la lesione è di vecchia data ed è quindi benigna.
Esiste un terzo tipo, i drusen del nervo ottico, diversi dai precedenti: oltre alla localizzazione si differenziano per la costituzione, composta da materiale proteico misto a sali di calcio; in secondo luogo, si possono riscontrare molto spesso anche nei bambini e non sono generalmente legati ad alcun particolare disturbo visivo. Quasi sempre possono considerarsi delle presenze solitamente asintomatiche, in quanto, in quei rari casi in cui provocano dei disturbi visivi, consistono in perdita della visione periferica, visione tremolante e alterata percezione del bianco e del grigio.
prevenzione e integrazione olistica
Qualunque processo organico legato alla senescenza può trarre importanti benefici da un approccio olistico al problema: l’effetto accumulo dipendente dal dis-stress ha una ripercussione sistematica sull’organismo, andando a depauperare le risorse a nostra disposizione e riducendo la capienza individuale nei confronti di qualunque stressor o stimolo in grado di “consumare” le nostre energie vitali.
Qualunque tecnica mirata a ripristinare l’equilibrio somato-emozionale può sortire importanti effetti sulla «vix medicatrix naturæ» presente in ognuno di noi: dalle tecniche di normalizzazione del ritmo cranio-sacrale a quelle di reset, ogni intervento volto a riequilibrare l’organismo è in grado di favorire la rimozione dell’accumulo di «scorie» sia nell’occhio (druse), sia in altri distretti corporei.
Grazie la test muscolare ed all’utilizzo del “profilo nutrizionale”, la Kinesiologia Transazionale® ha avuto la possibilità di verificare che una integrazione a base di particolari nutrienti alimentari, chiamati A.R.E.D.S., frequentemente viene richiesta dall’organismo come complementazione nutrizionale: per quanto non sia possibile stabilire con certezza una relazione diretta fra l’utilizzo delle tecniche di riequilibrazione, l’utilizzo di integratori alimentari mirati ed il potenziamento della capacità visiva, ci sono indicatori che fanno pensare che questo tipo di intervento rallenti la degenerazione maculare senescenziale, migliorando il quadro visivo.