ultimo aggiornamento: 11 Agosto 2023 alle 11:46
definizione
Lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin (1915) fu il primo a parlare di “oniomania”, riferendosi al desiderio incoercibile di comprare, alla perdita di controllo verso l’acquisto compulsivo associabile ad una forma di dipendenza: è una inclinazione morbosa che spinge a comprare qualsiasi cosa sfociando spesso in quadro psicopatologico caratterizzato da pensieri e impulsi intrusivi e ricorrenti orientati alla ricerca e all’acquisto di beni spesso superflui o di valore economico superiore alla propria disponibilità; dal greco ὠνέομαι (ōneîsthai → comprare, essere in vendita) e -μανία (mania), da μαίνομαι (maínomai → smaniare, essere pazzo).
Spesso la persona riconosce l’oggetto come non indispensabile, inutile o eccessivamente costoso per le proprie finanze, ma essa non riesce a resistere all’impulso e a tenere sotto controllo questa smodata voglia di comprare: sinonimi di oniomania possono essere le locuzioni sindrome da acquisto compulsivo, shopping compulsivo, acquisto compulsivo, shopping-dipendenza, shopaholism. Nelle persone l’impulso a comprare sembrerebbe essere condizionato da stati emotivi piuttosto che da bisogni; ciò è quanto sembra essere in comune a vari quadri di dipendenza in cui, l’esperire emozioni vissute come negative, può rappresentare il fattore di innesco del comportamento disfunzionale.
Spesso questo comportamento è associato a fasi che vanno dal desiderio di “possedere” un bene (anticipation) alla fase decisionale e l’organizzazione pratica dell’acquisto (preparation): dal momento in cui effettivamente viene effettuato l’acquisto, fase caratterizzata da intensa eccitazione emotiva (shopping) allo sviluppo di sensi di colpa ed umore deflesso (irritabilità, ansia, rabbia), dopo l’acquisto (spending).
shopping compulsivo:
quando acquistare significa perdere …
Si può affermare che lo shopping, per essere definito patologico deve essere caratterizzato dal bisogno di comprare frequentemente, sopra le proprie possibilità, oggetti inutili o di cui non si ha bisogno; ovviamente questo comportamento compulsivo porta a creare disconfort e distress, che si ripercuote sulla vita di chi soffre di questo disturbo del comportamento con la creazione di interferenze nelle relazioni sociali e nel lavoro, di problemi finanziari in associazione o derivanti dalla necessità di comprare che deriva dall’incapacità di contenere l’impulso e la necessità di fare acquisti, anche in assenza di cali dell’umore, fasi depressive o maniacali.
Chi presenta questo disturbo, che colpisce soprattutto donne di giovane età, se inizialmente compra per il piacere che si ricava da un nuovo acquisto, in seguito tende a sviluppare uno stato di tensione crescente ed il desiderio di comprare diventa un impulso irrefrenabile; non di rado lo sviluppo di comportamenti additivi come lo shopping compulsivo è la risposta adattativa al distress ed al disconfort che nasce dall’ansia o dall’angoscia: l’addizione all’acquistare, sempre e comunque, diviene, temporaneamente, il “tranquillante” in grado di colmare il vuoto oppure agisce come un “sedativo” per i lenire momentaneamente i patimenti, mentre, viceversa, rinforza la relazione di dipendenza con la necessità di comprare sempre di più per sentire meno il mal-essere. Non a caso, frequentemente, in seguito all’acquisto compulsivo di oggetti d’ogni tipo (che il più delle volte vengono messi da parte o regalati oppure buttati via …), si riscontrano sentimenti di colpa e vergogna per la tendenza additiva che non si riesce a contenere e per l’inutile dispendio di denaro.
Si innescano circoli viziosi ancorati ad un delirio patologico, dove la causa della dipendenza diviene l’illusoria sorgente di un irrealizzabile appagamento: comprando si ha l’impressione di colmare un bisogno inderogabile, mentre l’impossibilità di effettuare acquisti divien sorgente di sofferenza e mal-essere; nel comportamento additivo sono presenti gli elementi tipici delle dipendenze da sostanze, come le crisi di astinenza quando non è possibile svolgere l’attività oggetto dell’ossessione, cioè spendere a acquisire un prodotto (indipendentemente dal desiderio di possederlo), in una escalation che porta a implementare il comportamento al fine di soddisfare il bisogno compulsivo associato all’incapacità di limitare la propria condotta.
A livello comportamentale è difficile distinguere una addizione da una dipendenza da sostanze: entrambe comportano, in ultima analisi, la presenza di desiderio compulsivo (craving) e conseguente ricerca continua di soddisfare il bisogno che sta alla base della “servitù”: chi soffre di questo comportamento morboso, per sentirsi appagato, attua comportamenti volti a creare piacere (somato-emozionale) ma, in genere l’appagamento è transitorio ed insufficiente, con il derivante incremento della voglia di esaudire il bisogno di gratificazione, ripetendo le azioni ossessive in misura ancor maggiore ed andando incontro al fenomeno dell’escalation, un sempre maggiore ingigantimento della frustrazione e dei comportamenti disfunzionali.
che fare?
La shopping-dipendenza può essere considerata una malattia mentale ed un disturbo del comportamento, cioè un quadro psichico per le possibili conseguenze che può comportare: allo stesso tempo non si può non rilevare che questo atteggiamento sia una esplicita richiesta di attenzione e considerazione che nasce da un profondo disconfort e distress, espressione di una grave egodistonia.
Risulta evidente che il primo passo è l’accertamento che esista, da parte della persona che presenta questi comportamenti compulsivi, una volontà di riconoscere il problema: raramente ci si può aspettare una reale collaborazione da chi è affetto da questo morbo, anzi, quando diagnosticati (ovvero scoperti …), spesso si osservano comportamenti di negazione del problema (e di conseguenza il rifiuto di qualsiasi trattamento), associati a mancanza di cooperazione e bugie patologiche nel nascondere la propria mania ossessiva. L’evitamento nell’affrontare queste tendenze additive, riduce le possibilità di un effettivo aiuto mentre l’accettazione dell’esistenza del problema è il primo passo necessario per intraprendere un cammino verso il ben-essere.
Lo shopaholism è paragonabile, in un certo senso alle dipendenza ed alle addizioni quali l’alcoolismo, in quanto il disconoscimento del problema è l’essenza del problema stesso; a questo si aggiunga il fatto che si possono osservare, nelle persone vicine a chi è affetto da questo quadro morboso, forme di codipendenza: l’intervento del professionista del ben-essere, nelle forme meno gravi, può rivelarsi di grande aiuto in quanto, grazie alla valutazione multidimensionale, basata sul triangolo della salute, è possibile identificare quali possibili fattori complementi terapeutici (somato-emozionali, biochimici, spirituali …) sono in grado di sostenere il processo di reset a cui necessariamente deve sottoporsi che è affetto da questo quadro morboso.
Le tecniche di allentamento dello stress emotivo, l’integrazione nutrizionale per ridurre gli effetti neurologici dello stress causati dalla risposta generalizzata di adattamento e dal burn-out, le procedure di riequilibrazione del sistema cranio-sacrale (come il reset temporo-vascolare), riattivando la vis medicatrix naturæ presente in ognuno, possono essere un valido aiuto per incrementare la capienza e sostenere la capacità di cambiamento di chi decide di intraprendere un percorso di “guarigione”.