ultimo aggiornamento: 26 Novembre 2020 alle 11:41
definizione
Letteralmente, in inglese, «sensibilità elevata» o «ipersensibilità», riferita alla componente psicologica, caratteristica naturale e innata che si manifesta con una sensibilità superiore alla media verso gli stimoli emozionali, che contraddistingue le cosiddette «highly sensitive people» (“persone altamente sensibili”); la cosiddetta «alta sensibilità» è un termine che deriva dagli studi compiti negli ani ’90 dalla psicologa clinica inglese Elain Aron, che descrivono le persone dotate di elevata capacità di elaborazione sensoriale chiamata S.P.S. («sensory processing sensitivity»): più che sensibilità, la parola che potrebbe descrivere meglio questa caratteristica personale e soggettiva è sensitività, anche se nessuno dei due lemmi esprime pienamente le sfumature di questo tratto della personalità.
Talvolta si tende a creare una differenziazione fra “alta sensibilità” e “ipersensibilità” nei confronti delle altre persone e dell’ambiente che le circonda: secondo alcuni, infatti, l’ipersensibilità viene vista come una forma di fragilità emotiva, che rispecchia un lato estremamente sensibile della persona che la porta a reagire in modo esagerato alle sollecitazioni emozionali, mentre le cosiddette “persone altamente sensibili” sono quelle persone che hanno maggiore capacità di percepire stimoli sottili, sensoriali e intuitivi; secondo questa suddivisione l’alta sensibilità è una predisposizione biologica riconducibile alle strutture cerebrali come il sistema di attivazione reticolare e nervoso e che ha poco a che fare con la solidità emotiva: se da un lato tale caratteristica rende le persone più ricettive nei confronti dell’ambiente, dall’altro richiede loro una maggiore capacità di adattarsi agli stressor, con un maggior rischio di sviluppare una sindrome da logoramento. Questa caratteristica è un vero e proprio tratto della personalità che sottende un processo cognitivo più profondo per quanto riguarda stimoli fisici, emotivi e sociali, e una maggiore sensibilità del sistema nervoso centrale.
In realtà anche se non è detto che le persone altamente sensibili siano per forza ipersensibili, si potrebbe considerare che la predisposizione a percepire in modo amplificato gli stimoli ambientali, richiedendo una grande abilità e capacità per la loro gestione, rende più vulnerabile al dis-stress nei confronti degli effetti emotivi di un trauma: quella che comunemente viene chiamata ipersensibilità, in realtà, potrebbe essere definita una iperreattività emotiva legata al dis-confort, all’incapienza emozionale alla ridotta resilienza, talvolta temporanea.
descrizione
In un certo senso può essere considerata un tratto di personalità che riguarda la gestione degli stressor, siano essi interni o dovuti ad una sovrastimolazione da parte dell’ambiente (iperattivazione neurologica ovvero over-arousal), indipendentemente da altre variabili di personalità come l’introversione, la timidezza, o il nevroticismo. Mentre nella maggior parte delle persone un eccesso di stimoli porta ad attuare delle strategie di selezione sulla base delle priorità, il cervello ipersensibile si impegna a processare tutti gli stimoli contemporaneamente, a diversi livelli, al costo di un grande dispendio energetico, rischiando più facilmente fenomeni di burn-out e iperattivazione; una delle dirette conseguenze è che un ipersensibile reagisce alle esperienze in modo più intenso e carico emotivamente, proprio perché il sistema interno è sempre in “allerta” o in una fase di “vigilanza”.
Il tratto dell’ipersensibilità, cioè l’elevata capacità di elaborazione sensoriale (sensitività) chiamata S.P.S., descritto dal gruppo di ricerca della dott.ssa Elaine Aron nell’ambito degli studi sulla personalità, rappresenta una variabilità intersoggettiva nei meccanismi di sopravvivenza in ogni specie animale; è la risultante dell’interazione di una predisposizione genetica con lo sviluppo di differente modelli di elaborazione sensoriale associati ad una maggiore responsività agli stimoli provenienti dall’ecosistema di riferimento: in genere questo processo evolutivo porta allo sviluppo di specifiche aree di attivazione cerebrale (aree di neuro-sensibilità) in risposta agli stimoli sensoriali e all’elaborazione di modalità comportamentali di risposta specifici, in grado di promuovere differenti modelli di gestione dello stress psicofisiologico, rispetto alla media.
Solitamente le “persone altamente sensibili” sono contraddistinte dalla capacità di elaborazione più efficace ed approfondita delle informazioni (depth of processing), tendenza all’ipereccitazione o alla sovrastimolazione (overarousability), ad una maggiore responsività emotiva ed empatia (emotional Intensity, empathy) alla presenza di una tendenza alla provenienti percezione dettagli sottili dell’ambiente o presenti nelle relazioni sociali (senstitivity to subtle stimuli); questa caratteristica predispone a sviluppare una spiccata intuizione per stimoli sottili o nascosti, processi cognitivi più approfonditi durante l’osservazione e la messa in atto di azioni che prevedano la simulazione di atteggiamenti altrui, la capacità di fermarsi a riflettere prima di agire, insieme ad una grande reattività emotiva, sia in senso positivo che negativo.
Queste caratteristiche possono risultare vantaggiose per quanto riguarda la profondità di elaborazione dei problemi: chi è dotato di questa “sensibilità” tende a manifestare una predisposizione a trovare molteplici soluzioni creative, essendo in grado di cogliere le dinamiche alla base dei rapporti interpersonali e delle relazioni sociali, possedendo una innata capacità empatica e di mediazione, anche se non necessariamente, questi soggetti, sono accondiscendenti, potendo decidere di incidere in modo draconiano sulle situazioni; sono in genere dotati della profondità introspettiva che li aiuta a cogliere gli aspetti positivi dell’esistenza, ad osservare i dettagli, potendo in questo modo trarre maggiore giovamento e apprendimento dalle esperienze.
Ovviamente, l’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla possibilità di sentirsi «sopraffatti dal mondo», «spossati dalle aspettative che gli altri pongono» oppure sentirsi schiacciati dalla pressione esercitata dalle persone intorno o dagli eventi: l’elevata suscettibilità emotiva, spesso, comporta un affaticamento, un sovraccarico da eccessiva stimolazione, dovuti anche all’assenza di sufficienti tempi di recupero per «tirare il fiato»; qualora siano in situazioni di dis-confort o dis-stress, non di rado incontrano difficoltà a gestire i propri limiti e a definire i confini rispetto alla «invadenza degli altri» oppure faticano ad accettare o a riconoscere la limitatezza delle persone con cui sono “costretti”, dalla propria capacità empatica, a relazionarsi.