definizione
Capacità di vedere colori e sfumature che solitamente altre persone non riescono a percepire: nella visione standard i fotorecettori retinici per il colore (coni) sono di tre tipi: cono corto (percezione del blu), cono medio (verde) e cono lungo (rosso); la combinazione dei tre segnali genera la visione tricromatica, permettendoci di vedere un milione di sfumature di colore. Nelle persone tetracromatiche, esiste un quarto tipo di cono, che offre la facoltà di vedere fino a 100 milioni di colori diversi: questo fenomeno consente una percezione dei colori 100 volte più alta rispetto al tricromatismo, anche se chi ha questa facoltà non percepisce questo stato come una peculiarità, avendo l’idea di avere una visione “normale” della realtà. Il termine deriva dal greco τετρα-, elemento compositivo corrispondente al numerale τέτταρες (téttares → quattro) e cromatismo, la cui radice è cromatico, che discende da χρωματισμός (chromatikós → colorazione): composto da quattro colori.
processo evolutivo o mutazioni genetiche?
I nostri antenati, da un punto di vista evolutivo, possedevano una visione basata sulla percezione del rosso e dell’ultravioletto: attraverso mutazioni genetiche e processi selettivi, l’essere umano (ed i suoi progenitori), hanno sviluppato la percezione del rosso, del blu e del verde; da un lato, le modificazioni delle opsine conseguenti alle mutazioni hanno portato l’occhio a percepire frequenze differenti, dall’altro una duplicazione del gene che codifica la proteina sensibile al rosso, associata a variazioni delle sequenze geniche hanno creato la sensibilità al colore verde. A un certo punto del passato, mutazioni casuali danno origine a varianti dei geni che codificano la sintesi dei fotorecettori, situati sul cromosoma X, producendo i due differenti tipi di recettori: esiste infatti una relazione fra la capacità di percepire i colori e questo cromosoma; in alcuni primati la visione tricromatica è posseduta soltanto da alcune femmine.
Ugualmente, lo sviluppo di un ulteriore tipo di cono risulta associato al cromosoma X: infatti, la maggior parte delle persone che hanno una visione tetracromatica, con un incremento della sensitività cromatica, sono donne; la presenza di due cromosomi X aumenta la possibilità di sviluppare varianti dei geni deputati a sviluppare le fotopsine, cioè le proteine che determinano la sensibilità cromatica dei coni.
In realtà le variazioni individuali delle caratteristiche biochimiche delle opsine comportano una soggettività nella percezione del colore: questa variabilità in alcuni casi (circa in una persona su quattro), ha portato allo sviluppo di un quarto tipo di fotocettore sensibile all’arancio/giallo, a partire da quelli sensibili al rosso o al verde; la semplice presenza di questo quarto tipo di percezione del colore, geneticamente predeterminata, non è sufficiente per sviluppare la visone tetracromatica, in quanto il cervello deve essere in grado di interpretare ed integrare i segnali provenienti dalle quattro tipologie di coni. In alcuni casi il gene non si manifesta, mentre in altri la condizione si esprime in modo singolare: il tetracromatismo potrebbe essere dovuto anche alle variabili ambientali in cui un individuo cresce: ad esempio un‘esposizione a molti colori fin da piccoli potrebbe far insorgere la comparsa della visione tetracromatica, nei soggetti già predisposti; i continui stimoli legati al colore possono amplificare la percezione cromatica, creando talvolta sensazioni disturbanti.
test
La capacità di riconoscere più di 40 sfumature di colore nella tabella sottostante fa supporre la possibilità di una visione tetracromatica.