definizione
L’atto e la funzione del prendere o dell’afferrare, sottintendendo che l’azione sia svolta da un’appendice prensile, come la mano; il termine mira a sottolineare la capacità di compiere questo gesto specifico; dal latino prensio, derivato di pre(he)ndĕre (→ afferrare, prendere)
In termini medici, con la locuzione “riflesso di prensione forzata” ci si riferisce ad un riflesso neonatale, caratterizzato da un movimento involontario di prensione che viene provocato dalla stimolazione della superficie palmare della mano, che tende a scomparire entro il sesto (6°)mese d’età; la sua eventuale ricomparsa nell’adulto è segno di lesione del lobo frontale.
lo sviluppo della prensione
Il gesto della prensione attraversa un’evoluzione progressiva: alla nascita, il neonato possiede già un riflesso innato di presa, chiamato «grasping reflex», cioè afferra qualsiasi cosa venga appoggiata sul palmo della mano.
Il riflesso di prensione palmare appartiene al campo dei riflessi neonatali, e comporta la contrazione istintiva dei muscoli flessori, in quanto la presa è determinata dalla risposta istintiva alla stimolazione della superficie palmare: la risposta alla sollecitazione è la flessione delle dita con chiusura a pugno, talmente forte che, se sollevato, il neonato può sostenere addirittura il proprio peso. Si pensa che questo riflesso sia preparatorio alla prensione volontaria, ma per sviluppare la manipolazione è necessario che esso scompaia.
Nel corso del primo anno e mezzo di vita il bambino comincia a sviluppare la prensione vera e propria: qualora un oggetto o una persona si riveli saliente, che attiri la sua attenzione, si tende verso di esso cercando di afferrarlo, con un approccio “a rastrello”, tra il mignolo e il bordo esteriore della mano e senza l’utilizzo del pollice, in quanto la prensione cubito-palmare si sviluppa tra il terzo e il sesto mese; inizialmente nel movimento interviene soltanto l’articolazione della spalla, mentre la mano rimane fissa, su un piano verticale, rispetto all’avambraccio ed il bambino sembra “spezzare” o “rastrellare” l’oggetto. Lentamente il bambino comincia ad usare anche l’anulare e il medio con il palmo, attraverso un approccio parabolico all’oggetto, reso possibile anche dal maggiore controllo visivo attraverso la prensione radio-palmare, che si comincia a sviluppare verso l’ottavo mese.
Nella fase successiva l’articolazione del gomito consente lo spostamento dell’avambraccio e della mano avanti e indietro ed infine quando tutte e tre le articolazioni (spalle, gomito e polso) intervengono ben coordinate tra di loro, permettendo così alla mano di arrivare direttamente all’oggetto, tramite un approccio diretto, l’oggetto viene afferrato prima con la pinza inferiore cioè con il pollice ancora esteso, e successivamente dall’opposizione tra il pollice che si flette e l’indice, grazie alla prensione radio-digitale (a pinza superiore), verso l’anno di vita; ad un anno e mezzo il bambino arriva alla prensione vera e propria, e per mezzo del movimento dell’articolazione spalla – gomito – polso riesce ad afferrare un oggetto che attira la sua attenzione.
Dopo che ha imparato non soltanto ad afferrare, ma anche a trattenere in mano l’oggetto per guardarlo, manipolarlo o portarlo alla bocca, il bambino deve imparare a lasciarlo andare volontariamente: soprattutto nel primo semestre di vita, durante il quale il bambino è ancora incapace di muoversi in modo autonomo, la prensione e la manipolazione rappresentano la principale modalità per entrare attivamente in contatto con l’ambiente circostante
A questo punto, una volta che l’oggetto è in suo possesso è in grado di manipolarlo e di lasciarlo andare: il bambino acquisisce abilità che richiedono sempre maggiore accuratezza e precisione di movimento, che fa sì che gli oggetti vengono maneggiati, esplorati, trasferiti da una mano all’altra, acquisendo la stereognosi; tramite il gioco, la prensione si arricchirà diventando sempre più precisa e coordinata, contestualmente allo sviluppo delle aree percettive, che permettono la vista, l’udito ed il tatto.
La prensione a pinza superiore, caratterizzata dal’opposizione pollice – indice e dall’indipendenza rispetto alle altre dita, non è solo frutto dell’attività motoria ma dell’integrazione tra motricità e percezioni propriocettive, cinestesiche e visive: il bambino cioè diventa poco a poco consapevole delle azioni del proprio corpo e dello spazio in cui agisce, conferendo all’esperienza un ruolo fondamentale nello sviluppo della coordinazione oculo-motoria tipica dell’azione di afferramento e manipolazione di oggetti.
Nel secondo anno di vita inizia la prima attività simbolica del bambino e si manifestano le prime prassie di imitazione, attraverso la comprensione dell’uso funzionale degli oggetti e la capacità di stabilire relazioni tra loro, di mettere in atto sequenze di azioni e comprenderne il significato: le abilità manipolatorie si affinano divenendo sempre più fluide ed efficaci fino a giungere alla differenziazione del ruolo delle due mani nel terzo anno di vita. Anche i movimenti intrinseci delle dita nell’esplorazione ed uso di oggetti acquisiscono gradualmente le sinergie tipiche dell’adulto, grazie alle quali le azioni in sequenza tra loro permettono di risolvere compiti sempre più complessi come, ad esempio, ruotare, avvitare o svitare. In età prescolare le abilità manipolatorie e prassiche assumono progressivamente un ruolo determinante nell’acquisizione dell’autonomia nella vita quotidiana e nelle attività di tipo grafico ed espressivo, diventando uno strumento essenziale nella vita sociale e di relazione.