definizione
Acronimo di «wrist hyperflexion and abduction of the thumb», cioè iperestensione e abduzione del pollice, è un test approntato per la diagnosi differenziale della sindrome di De Quervain, che dovrebbe offrire una maggiore sensibilità e sensitività rispetto al test di Finkelstein ed al test di Eichhoff, per la diagnosi della tenosinovite cronica stenosante del tendine del muscolo estensore corto del pollice («extensor pollicis brevis») e del tendine del muscolo abduttore lungo del pollice.
descrizione
Oltre ad esistere una grande confusione tra i due test, in quanto molti chiamano segno di Finkelstein la manovra di Eichhoff, ci sono anche differenze sostanziali fra loro in quanto il primo, che è un test passivo, si affida all’abilità dell’esaminatore mentre mentre il secondo implica un elemento di contributo attivo da parte del testato in quanto viene istruito a tenere il pollice nel palmo della mano con un pugno chiuso, pur rimanendo sostanzialmente un test passivo: lo svantaggio di questo tipo di test è di sollecitare diverse strutture che non sono direttamente coinvolte nella patologia di De Quervain, come ad esempio l’articolazione radio-scafoide, lo scafo-trapezio, il trapezio-metacarpo e l’articolazione metacarpo-falangea.
Il test WHAT mira a coinvolgere esclusivamente i tendini dei muscoli del compartimento dorsale, cioè il muscolo estensore corto del pollice ed il muscolo abduttore lungo del pollice, in quanto viene eseguito chiedendo di flettere completamente il polso, entro i limiti di movimento che non provocano il dolore, e di mantenere il pollice completamente esteso e addotto, mentre l’esaminatore applica gradualmente una forza incrementale con lo scopo di resistere all’abduzione al pollice: quando il testato il paziente non è in grado di mantenere l’abduzione contro la pressione dell’esaminatore o comincia a manifestarsi il dolore, il test è completo, mostrando positività al test e quindi un’elevata probabilità che ci sia una tenosinovite stenosante di De Quervain.
Questo test permette al testato di avere il controllo sul dolore provocato dal test, consentendogli di decidere da solo quando interromperlo, in quanto viene utilizzata la soglia del dolore per segnalare un risultato positivo, cioè la presenza del problema, essendo sufficiente l’insorgenza o l’incremento della fitta dolorosa come sintomo patognomonico.