ultimo aggiornamento: 5 Aprile 2021 alle 18:21
definizione
La diminuita responsività all’azione di un farmaco con conseguente necessità di aumentarne progressivamente la dose per ottenere l’effetto abituale; riduzione dell’intensità dell’effetto, solitamente come conseguenza di somministrazioni ripetute o di un uso continuativo, che si costituisce proporzionalmente ai dosaggi, alla frequenza di assunzione ed alla brevità dell’intervallo intercorso tra gli eventi: la tolleranza farmacologica, in realtà è dose-dipendente e non farmaco-dipendente (farmaco-specifica), per cui l’incremento della quantità assunta per singola somministrazione è solitamente in grado di superare la farmaco-tolleranza, per ristabilire l’azione farmacologica compromessa o perduta.
classificazione della tolleranza farmacologica
La farmaco-tolleranza fa parte del fenomeno della assuefazione e deve essere distinta dalla farmaco-resistenza che, viceversa, è farmaco-specifica e non dose-dipendente; la farmaco-tolleranza può essere congenita o acquisita:
⇒ tolleranza congenita (innata) – dovuta al corredo genetico individuale, determina un minore effetto di un farmaco sull’organismo, manifestandosi fin dalla prima volta che il farmaco viene assunto: polimorfismi dei geni codificanti per enzimi coinvolti nelle varie fasi farmacocinetiche o le variazioni nelle risposte recettoriali sono le principali cause predisponenti.
⇒ tolleranza comportamentale – si presenta quando si acquisiscono strategie atte a conservare una certa funzione nonostante lo stato tossico, come avviene, ad esempio, negli alcolisti che possono imparare a camminare in linea retta, neutralizzando apparentemente gli effetti di quanto assunto; in presenza di maggiori livelli di intossicazione, la tolleranza comportamentale viene a mancare e le carenze si manifestano.
⇒ tolleranza condizionata – è una forma di tolleranza specifica per una determinata situazione, ovvero un meccanismo di apprendimento che si sviluppa quando riferimenti o stimoli ambientali visivi, odori o situazioni sono correlati costantemente alla somministrazione del farmaco; quando un farmaco modifica il bilancio omeostatico inducendo sedazione, cambiamenti della pressione, della frequenza di pulsazioni, della motilità intestinale ecc., s’instaura una reazione riflessa o di adattamento atta a ripristinare la condizione iniziale: se un farmaco viene sempre assunto in presenza di dati riferimenti ambientali (odore associato al farmaco, visione della siringa), questi possono anticipare la presenza del farmaco e dare origine a fenomeni di adattamento ancora prima che il farmaco raggiunga il sito d’azione. Se il farmaco è sempre preceduto dagli stessi segnali ambientali, la risposta adattativa sarà appresa e questo impedirà la manifestazione totale dell’effetto del farmaco, quindi ci sarà tolleranza; quando il farmaco viene assunto in circostanze nuove o inaspettate, la tolleranza è ridotta e gli effetti farmacologici sono aumentati.
⇒ tolleranza acquisita – può distinguersi su base farmacodinamica, su base farmacocinetica o può essere appresa.
⇒ tolleranza farmacodinamica – basata sul fatto che i recettori non sono delle strutture statiche, ma entità che possono andare incontro a delle variazioni: somministrando un agonista in maniera ripetuta, varia la sensibilità al farmaco, varia il numero dei recettori liberi sul quale il farmaco può andare ad agire (per un fenomeno di down-regulation), si perde l’affinità per l’agonista e si ha incapacità di trasdurre il segnale; il risultato è una diminuzione dell’effetto farmacologico; tale riduzione può essere omologa, specifica per il recettore attivato, o eterologa (o crociata) quando la desensibilizzazione interessa anche altri recettori che utilizzano la stessa via di trasduzione del segnale o gli stessi effettori.
⇒ tolleranza farmacocinetica – dipendente dalla riduzione della biodisponibilità del farmaco a seguito di cambiamenti della distribuzione o, più frequentemente, del suo metabolismo, come avviene, ad esempio, nel caso in cui un farmaco sia, di per sé, un induttore enzimatico: esso determina un aumento del metabolismo del farmaco stesso (e di altri farmaci).
differenti tipologie di tolleranza farmacologica
In antitesi alla tolleranza cronica, dovuta all’uso prolungato di una sostanza, si parla di tolleranza acuta (tachifilassi) in riferimento al rapido sviluppo di tolleranza farmacologica, come conseguenza di episodi parossistici d’abuso; questo meccanismo è l’opposto della sensibilizzazione osservata con l’assunzione intermittente della dose.
La tolleranza inversa può essere definita come il processo che porta all’ipersensibilizzazione nei confronti di una determinata sostanza, come si verifica, talvolta nell’uso della cocaina ove l’uso continuativo e ripetuto incrementa l’effetto farmacologico del prodotto; quando invece si parla di tolleranza crociata, ci si riferisce al fatto che l’uso abituale di un farmaco di una certa categoria conferisce tolleranza non solo nei confronti del farmaco usato, ma anche verso altre sostanze dotate di struttura simile o di un meccanismo d’azione assimilabile: tale procedura può essere utilizzata per permettere la disintossicazione da farmaci/sostanze che hanno causato dipendenza.
farmacotolleranza – farmacoresistenza
La tolleranza farmacologica e la resistenza farmacologica sono fenomeni differenti che hanno in comune la diminuzione dell’effetto terapeutico di un dato farmaco o di una certa sostanza; la farmaco-resistenza è la riduzione dell’efficacia terapeutica di una sostanza ad azione farmacologica conseguente allo sviluppo di una sorta di “opposizione” che batteri, virus, altri microorganismi e cellule tumorali sono capaci di esercitare nei confronti dei farmaci normalmente impiegati per eliminarli, come conseguenza di mutazioni del patrimonio genetico.