KINESIOPATIA
KINESIOLOGIA TRANSAZIONALE
HABITUS

ultimo aggiornamento: 21 Maggio 2022 alle 23:53

IL CORPO E LO SPAZIO

La postura, quindi, è la posizione ottimale che il corpo assume nello spazio per rispondere in modo coerente e con il minor dispendio energetico, grazie all’azione dei muscoli scheletrici, alle forze che tenderebbero a modificarne lo stato di equilibrio; è un mezzo di comunicazione tra il nostro “cosmo” interiore e l’ambiente esterno che ci circonda, con tutte le implicazioni che derivano dall’interazione fra le complessità di questi due mondi separati ma, al contempo, profondamente interconnessi ed in grado di influenzarsi reciprocamente.

Questa interpretazione estensiva della postura, che prende in considerazione la componente somato-emozionale, è sostanzialmente sovrapponibile al concetto di habitus: le forze gravitazionali si sommano alle tensioni che nascono dall’interazione fra le esperienze e le dinamiche individuali, dando origine a un “corpo in distorsione” (B.I.D); l’integrazione e l’interpolazione fra queste energie inducono atteggiamenti antalgici e, contemporaneamente, “pose” antigravitazionali, che cercano di contrastare le pressioni che tenderebbero a schiacciare o deformare il corpo stesso.

Le contrazioni muscolari non sono solo la risposta istantanea alla modificazione della figura e del portamento, rispetto agli assi cartesiani che definiscono il riferimento spaziale individuale. Sono anche il mezzo che utilizziamo per adattarci, sia durante la deambulazione ed il movimento, sia nello stazionamento, per rispondere in maniera efficace alle forze che interagiscono col nostro io interiore e con l’immagine olografica che abbiamo di noi stessi: divengono un modo di essere, che implica, frequentemente, una interiorizzazione cronica della “deformazione coerente” del corpo. Tale atteggiamento esprime l’adattamento all’ambiente ed agli eventi, essendo dipendente da fattori fisici o biomeccanici, emotivi o psicologici oppure relazionali, molto spesso neurofisiologici: la conseguenza della stratificazione somato-emozionale è l’instaurarsi di un’errata integrazione delle informazioni propriocettive, che induce alterazioni morfo-funzionali dell’interrelazione fra i diversi distretti corporei, ponendo come priorità, nel portamento e nel comportamento, la difesa dal dolore. (per comprendere meglio il concetto di distorsione spaziale si veda P.R.Y.T.)

Non possiamo sottrarci dall’essere radicati al suolo: da questo fatto deriva una relazione assoluta ed indissolubile col terreno, che influenza il modo con cui il corpo si posiziona nello spazio. Oltre che un da sistema di riferimento cartesiano, la nostra postura (e di conseguenza l’habitus), da un punto di vista dell’orientamento spaziale, dipende dalla triade “contatto col terreno – linea dell’orizzonte – direzione di movimento” che comporta le modalità di interazione tridimensionale del corpo: sia nella statica, sia nella dinamica motoria, il “complesso somato-emotivo” non può esimersi dal “mantenere i piedi per terra” ed, allo stesso tempo tenere lo sguardo “al confine tra terra e cielo”, cioè su un piano parallelo a quello del terreno, livello che, da un punto di vista antropometrico, può essere equiparato al “piano di Francoforte”.

Ultimo aspetto, ma non per questo meno importante, è necessario considerare la nostra proiezione verso il futuro, cioè la direzione di movimento, che manteniamo anche durante la statica: emozionalmente siamo orientati, sia nella immobilità, sia nella dinamica, a protendere la nostra attenzione verso il confine estremo ed il limite davanti a noi, lasciandoci alle spalle il passato; questo determina e condiziona l’habitus e la relazione con lo spazio. La stessa posizione degli occhi, siti frontalmente nell’essere umano, determina la nostra predisposizione ad essere direzionati e visivamente orientati in avanti, estendendoci e spingendoci in direzione anteriore.

L’habitus esprime, al contempo, la necessità di offrire risposte motorie efficaci che garantiscano il minor dispendio energetico, sia in deambulazione, sia nello stazionamento: per quanto le modalità con cui ci relazioniamo con lo spazio siano anche l’espressione della storia individuale, esso manifesta non solo l’insieme della complessione individuale e della sua interazione con il tipo di vita e lo stress quotidiano, ma anche i vissuti individuali acquisiti o ereditati; le memorie dei propri traumi; l’incidenza della formazione o deformazione culturale; il modo in cui respiriamo, stiamo in piedi, ci atteggiamo o ci rapportiamo con noi stessi e con gli altri. Ma, soprattutto, l’habitus è l’integrazione fra tutte le forze che mirano a mantenere il più efficace rapporto fra equilibrio somato-emotivo – economia energetica – confort psico-fisico.

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