definizione
Distorsione visiva caratterizzata dalle percezione di allontanamento dall’osservatore di oggetti fissi ed immobili: impressione provata dal soggetto che gli oggetti progressivamente si distanzino e si rimpiccioliscano; il neologismo tedesco «porropsie» fu introdotto dallo psichiatra e neurologo tedesco Karl Heilbronner, nel 1904,a partire dall’avverbio latino porro (→ più avanti, in lontananza), derivato dal verbo portare (→ portare, trasportare, portare via) e da ὄψις (ópsis → vista), dalla radice ὀπ– (op– → vedere), traducibile con «vedere cose che vengono portate via».
Nel 1937, il medico giapponese Chuo-Gauka-Iho Arimoto propose la suddivisione della porropsia in tre differenti tipologie fenomenologiche: una, definita porromicropsia, è caratterizzata dall’impressione che anche oggetti apparentemente sfuggenti sembrano diminuire di dimensione, mentre nella porropsia vera e propria non si percepiscono cambiamenti nella dimensione apparente; la terza, detta porromacropsia, descrive una condizione in cui gli oggetti apparentemente sfuggenti sembrano aumentare di dimensioni
La porropsia può essere classificata sia come metamorfopsia sia una dismetropsia; anche se può presentarsi come un sintomo isolato, solitamente fa parte della variegata costellazione di sintomi visivi che caratterizza la sindrome di Alice nel paese delle meraviglie. Sebbene Heilbronner considerasse la porropsia un fenomeno entoptico, il suo verificarsi nel contesto dell’aura indica che un’origine centrale sia ugualmente possibile; attualmente il concetto di porropsia viene essere assimilato dal concetto di teleopsia (gli oggetti sembrano essere più lontani di quanto sono), sebbene i due fenomeni non siano identici e i due termini sono usati talvolta come sinonimi.