definizione
Sostanze di origine naturale o sintetica, dotate di proprietà farmacologiche, che vengono assunte perché si ritiene consentano di migliorare le capacità cognitive come, ad esempio, la memoria o la capacità di apprendimento: tali prodotti solitamente vengono considerati farmaci e non di rado presentano effetti allucinogeni o potenzialmente dannosi, anche perchè, spesso, non ne sono stati verificati gli effetti a lungo temine; in questa categoria rientrano le sostanze psicoattive che, al momento, sono perfettamente legali e che si ritiene (a torto o ragione) agiscono potenziando il rilascio di agenti neurochimici, migliorando l’apporto di ossigeno al cervello e stimolando la crescita nervosa.
Non dovrebbero essere confuse con sostanze stimolanti o eccitanti o droghe ricreative, in quanto il termine «drug» deve essere considerato nel suo significato originale, cioè «farmaco» e non «droga»: questo esclude le bevande energetiche oppure le pastiglie stimolanti (spesso a base di caffeina, ginseng, guaranà o che tentano di simulare l’effetto dell’ecstasy) utilizzate per i loro effetti eccitanti (pur rimanendo nella legalità); parimenti non possono essere considerate «smart drugs» le cosiddette droghe naturali o droghe etniche. Un criterio di pensiero piuttosto comune e dominante, tende a mettere in relazione causa-effetto la tossicità di una sostanza con la sua origine sintetica, considerando invece l’assunzione di prodotti naturali come priva di rischi, in virtù appunto della loro origine: in realtà questa distinzione è priva di validità scientifica e la tossicità di una sostanza dipende dal principio attivo presente, soprattutto in termini di caratteristiche chimico-fisiche e farmacologiche, e non dall’origine, sia essa naturale o sintetica; i principi attivi semisintetici o sintetici non sempre sono più tossici rispetto a quelli naturali, dei quali sono in genere delle imitazioni, ma ciò che conta è il tipo e la concentrazione del principio attivo.
meccanismo di azione
Pur dovendo essere considerate farmaci a tutti gli effetti, le «smart drugs» possono essere assimilate ai «smart foods» ed ai nutrienti nootropi: queste sostanze mirano ad aumentare, direttamente o indirettamente, sui neurotrasmettitori ed in particolare su acetilcolina, dopamina, norepinefrina e serotonina, modulandone l’attività o la concentrazione oppure mettendo a disposizione dell’organismo antiossidanti in grado di aiutare il cervello a migliorare la capacità di concentrazione, l’abilità di calcolo, la memoria, la creatività ed il tono dell’umore.
I principi attivi più diffusi sono sostanze ad azione colinergica come l’acetil-L-carnitina, la colina, il piracetam, l’aniracetam e la vitamina B5: lo scopo è quello di migliorare il metabolismo dell’acetilcolina, il neurotrasmettitore coinvolto nella memoria, nella concentrazione, nel pensiero astratto, nel calcolo e nella creatività; in alternativa si utilizzano i dopaminergici, tra cui alcuni farmaci usati per trattare il Parkinson, al L-dopa, la fenilalanina e la tirosina che agiscono sulla dopamina; i serotoninergici, considerati spesso ad azione antidepressiva, che agiscono sulla serotonina, fra cui triptofano, 5-HTP e Griffonia.
Talvolta il confine fra «smart drugs» e «smart foods» è piuttosto labile : esistono molti nutrienti che possono possedere una azione antidepressiva, ansiolitica e stabilizzatrice dell’umore o, più genericamente essere adattogeni, cioè sostanze in grado di aumentare la resistenza dell’organismo agli stressor: esempi di sostanze ad azione adattogena sono l’eleuterococco, il ginseng e la rodiola; fra i nutrienti nootropi si possono citare sostanze quali l’acetil-L-carnitina, la creatina, il coenzima Q10 e la vinpocetina.
Gli stabilizzanti dell’umore, gli ansiolitici e gli antidepressivi devono essere considerati, spesso, veri e propri farmaci utilizzati nella prevenzione e nel trattamento degli episodi maniaco-depressivi; molte di queste molecole appartengono alla categoria dei farmaci antiepilettici, derivati del diazepam, barbiturici, betabloccanti o appartenenti ad altre famiglie di antidepressivi, fra cui si ricordano il litio, la carbamazepina, il valproato di sodio e il gabapentin.
Veri e propri farmaci, utilizzati a volte anche impropriamente, sono il metilfenidato, noto con il nome commerciale di Ritalin, un medicinale usato nella cura della sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), la caffeina, la nicotina, la norvalina, tutte sostanze ritenute in gradi di modificare l’agilità mentale, la concentrazione, la resistenza e l’attenzione.
effetti collaterali
Alcune di queste sostanze possono avere imprevedibili effetti collaterali sul sistema nervoso centrale, in quanto è possibile che, ai benefici immediati possano seguire effetti indesiderati nel lungo termine; uno studio del 2014 (Kimberly R. Urban & Wen-Jun Gao – “Performance enhancement at the cost of potential brain plasticity: neural ramifications of nootropic drugs in the healthy developing brain” – Front Syst Neurosci. 2014; 8: 38) ha mostrato che i miglioramenti nelle prestazioni cognitive assicurati da modafinil e metilfenidato si pagano cari in termini di plasticità cerebrale: “Gli individui sani corrono i rischio di spingersi oltre i livelli ottimali di neurotrasmettitori, inficiando così le prestazioni che cercano di migliorare”.
L’uso o l’abuso farmaci ad azione nootropa sembra essere associato ad una riduzione della plasticità del cervello, che a lungo termine potrebbe portare a perdere tutti i miglioramenti acquisiti o a tornare addirittura indietro rispetto al punto di partenza.