ultimo aggiornamento: 15 Giugno 2016 alle 12:57
Dal greco ἐγκόπρησις (enkoprēsis), composto da ἐν (en→ in, dentro) e κόπρος (kópros →sterco, letame); il termine offre due possibili interpretazioni letterali, che rappresentano le due facce della manifestazione: il trattenere le feci “dentro”, cioè all’interno del corpo come avviene nella costipazione (encopresi ritentiva), o la defecazione “dentro”, cioè all’interno degli abiti o in altri luoghi non appropriati, sottintendendo l’incontinenza fecale in soggetti di età superiore ai tre/quattro anni. Frequentemente l’encopresi ritentiva è associata alla stipsi cronica, spesso determinata dalla ritenzione di feci volontaria, molto spesso conseguente alla paura dell’emissione delle stesse o al disagio legato a situazioni o luoghi. In alcuni soggetti è la stessa stipsi cronica a causare delle evacuazioni irregolari e incomplete, spesso dolorose. Molti bambini (ma anche adulti) quando avvertono lo stimolo della defecazione lo trattengono volontariamente per evitare spiacevoli situazioni: l’abitudine alla distensione cronica del retto può indurre al perdita dello stimolo all’evacuazione e quindi non sentire più il bisogno di defecare normalmente. Questo processo termina spesso con il passaggio di feci molli, poltacee o liquido fecale che scivolano intorno alla massa fecale trattenuta, e conseguente involontario imbrattamento fecale. Il fenomeno può presentarsi anche per la presenza di fecalomi (o esserne la causa) o associarsi a enuresi. Si parla di encopresi primaria, quando non è mai stato acquisito il controllo degli sfinteri.