osteosclerosi

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ultimo aggiornamento: 29 Giugno 2018 alle 16:58

Dal greco ὀστέον (ostéon → osso) e σκλήρωσις (sklḗrōsis → indurimento), derivato da σκληρός (sklirós → duro): detta anche osteoipertrofìa è un’alterazione del ricambio osseo, classificabile fra le iperostosi, caratterizzata da aumentata osteogenesi o rallentata osteoclasia; a seconda della sede di deposizione della sostanza ossea in eccesso, si distinguono tre forme: periostosi, con deposizione di tessuto osseo tra il periostio e la superficie ossea sottostante (corticale); endostosi, che causa apposizione di tessuto osseo sulla parte interna dell’osso, a livello dell’endostio e restringimento del canale midollare; spongiosclerosi, con osteogenesi reattiva che forma un ispessimento sulle preesistenti trabecole della spongiosa. Il processo che determina un ispessimento dell’osso può dipendere da flogosi (osteite ossificante), essere reattiva all’effetto di azioni meccaniche o insorgere spontaneamente, senza causa apparente: l’osso colpito si presenta più denso e compatto per la formazione di nuovo tessuto osteoide che s’arricchisce di sali calcarei e riempie, assottigliandoli sempre più, gli spazi midollari per apposizione di nuove lamelle ossee; concettualmente costituisce il quadro opposto all’osteoporosi. Conduce all’aspetto eburneo dell’osso (eburneizzazione); spesso coesiste alla periostite ossificante: in genere può essere considerata una reazione difensiva dell’osso, in quanto si forma soprattutto nelle vicinanze di ascessi delle ossa, di processi ulcerativi cronici (ulcere varicose), di artriti croniche, di tumori distruttivi ossei (osteomielite osteoclasica). Caratterizzata da un aumento della durezza, della compattezza e dello spessore del tessuto osseo che risulta, così, più denso della sua struttura è una forma di osteopatia che induce una perdita di elasticità, con conseguente fragilità ed una diminuzione evidente della loro resistenza.

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