definizione
Conosciuto anche come “visione rossa”, è una forma di cromatopsia (cioè un’aberrazione temporanea della visione dei colori) in cui tutti gli oggetti e gli stimoli visivi sembrano tinti di rosso; dal greco ἐρῠθρός (eruthrós → rosso) e da ὄψις (ópsis → vista), dalla radice ὀπ– (op– → vedere), è usato in antitesi a cyanopsia (“visione blu”), cloropsia (“visione verde”), xanthopsia (“visione gialla”) e ianotiopsia (“visione porpora o viola”).
Il termine fu introdotto nel 1895 in un raduno della Deutsche Ophthalmologische Gesellschaft dal medico tedesco Ernst Fuchs, che aveva sperimentato personalmente la condizione per diversi minuti dopo l’esposizione alla luce solare riflessa da un campo di neve; la condizione può durare da diversi minuti a giorni e può interessare uno o entrambi gli occhi, solo durante la notte o sia di giorno che di notte: è di più comune riscontro in seguito a esposizione prolungata di un occhio afachico alla luce brillante. Si può manifestare nelle intossicazioni da alcool metilico, o in soggetti privi del cristallino che siano stati esposti a luce intensa, specie se ricca di radiazioni ultraviolette.
Eziologicamente, l’eritropsia è associata principalmente a condizioni oculari come l’afachia e la pseudofachia, con l’uso di alcune terapie e con un’eccessiva esposizione alla luce intensa: fisiopatologicamente, è associata principalmente all’ultravioletto o luce blu a lunghezza d’onda corta che agisce sui coni che rispondono al blu o su altre parti sensibili del sistema ottico; come altre cromatopsie, l’eritropia tende a essere classificata come un fenomeno entoptico.