definizione
Proprietà di un oggetto rigido di essere non sovrapponibile alla sua immagine speculare; in chimica è detta chirale una molecola non sovrapponibile alla propria immagine speculare nelle tre dimensioni: il termine chirale deriva dal greco dal greco χείρ (chèir → mano) in quanto si riferisce al fatto che la mano sinistra non è sovrapponibile alla nostra mano destra, pur essendo speculari (antimeri). Il termine fu introdotto nel linguaggio scientifico, nel 1904 dal fisico irlandese Lord William Thomson, I barone Kelvin, per indicare una figura geometrica o una struttura materiale non sovrapponibile alla propria immagine speculare; può essere considerato un sinonimo di enantiomorfo.
proprietà delle molecole chirali
Due molecole, tra di loro enantiomere, possiedono le medesime proprietà fisiche tranne il potere rotatorio (identico per intensità ma opposto di segno per ognuna di esse) e mostrano lo stesso comportamento chimico nei confronti di sostanze non chirali; diversa è invece la loro interazione chimica nei confronti delle altre molecole chirali in quelle reazioni che vengono dette stereospecifiche: questa differente riconoscibilità delle molecole chirali può essere rappresentata esattamente nella capacità di una mano che, stringendo un’altra mano, riesce a distinguere una mano destra da una sinistra.
Una miscela 1:1 di due enantiomeri viene detta racemo; la miscela dei due enantiomeri non ha le stesse proprietà dell’enantiomero puro: questo deriva dalla diversa organizzazione delle molecole cristallizzate e può essere ricondotto all’esempio in cui una mano, stringendone un’altra riconosce se è la destra o la sinistra.
Nella quasi totalità gli organismi biologici producono un solo enantiomero di una molecola chirale: spesso nei sistemi viventi solo uno dei due enantiomeri di una coppia viene coinvolto nei cicli metabolici mentre l’altro viene ignorato o può addirittura esercitare effetti dannosi.
Un esempio può essere rappresentato dall’acido lattico che si genera nei muscoli, in seguito a sforzo, solamente nella forma l’acido levogira; ugualmente l’amido e la cellulosa sono entrambi dei polimeri del glucosio ma l’organismo umano riesce ad assimilare solo l’amido in cui i legami tra le molecole di glucosio sono del tipo α(1→4) glicosidici e non la cellulosa in cui tali legami sono β(1→4) glicosidici. Di tutti gli amminoacidi, solo gli L-amminoacidi sono quasi esclusivamente utilizzati dagli organismi viventi per la sintesi proteica.
Un caso storicamente e clinicamente importante che descrive le differenze fra due enantiomeri è quello del farmaco talidomide, introdotto in Europa nel 1957 come sedativo e antiemetico: l’attività ipnotica di questa sostanza è legata all’enantiomero destrogiro, mentre l’isomero ottico levogiro è un teratogeno (anche se, nell’organismo, si utilizzasse solo l’isomero destrogiro, questo verrebbe convertito dal metabolismo nella forma levogira); il farmaco venne ritirato quattro anni più tardi in seguito al manifestarsi di numerosi casi di malformazioni agli arti a danno dei neonati le cui madri avevano assunto questo farmaco per curare l’emesi gravidica.