endoprotesi

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definizione

Protesi situata nell’interno di un organo, sia esso osseo, viscerale o vascolare: composto da di endo- e protesi, dal greco πρόϑεσις (próthesis), derivato di προτίϑημι  (protíthēmi → porre avanti). Il nome protesi nasce sostanzialmente dalla confusione presente nella lingua latina fra prothĕsis e prosthĕsis: infatti la forma “prostesi” (prosthĕsis), che può essere considerata un sinonimo arcaico di protesi, indica aggiungere davanti, dal greco from πρός (prós → verso qualcosa, in avanti) e τίθημι (títhēmi → mettere), ma già dai latini veniva confusa con “protesi” che progressivamente ha preso il posto del lemma originale.

Le endoprotesi vascolari sostituiscono segmenti rimossi chirurgicamente come le endoprotesi aorto-iliache o impediscono l’ostruzione e la stenosi, come nel caso degli stent, divaricatori metallici di forma cilindrica con struttura a maglie, che sono introdotti nei vasi (ma anche negli organi a lume) e vengono fatti espandere fino a che il loro diametro è assimilabile a quello del lume vasale, in modo da ridurre una stenosi, escludere un aneurisma o mantenere pervio il vaso (o il viscere) e di sostenerne le pareti interne; è il caso dell’intervento di angioplastica coronarica, in cui il posizionamento dello stent consente di mantenere pervio il vaso consentendo il flusso ematico. Gli stent di ultima generazione non sono in metallo ma in speciali materiali riassorbibili, pertanto con il passare del tempo lo stent viene assorbito dal tessuto organico con cui è in contatto, riducendo i rischi connessi alla presenza di un corpo estraneo nell’organismo.

Le endoprotesi ossee più frequentemente installate chirurgicamente sono quelle dell’anca e del ginocchio: in questo caso si può parlare, solitamente, di artroprotesi; lo scopo di questi presidi di ortopedici di tipo chirurgico, da non confondere con le ortesi, è la sostituzione completa (anche se talvolta può essere una surroga parziale) di un’articolazione disfunzionale con una protesi (articolazione meccanica artificiale), che riproduce anatomicamente, e soprattutto funzionalmente, un’articolazione danneggiata come conseguenza di patologie invalidanti o traumi. Può essere rigida, semirigida o elastica ed essere costituita di materiali diversi che possono essere metallo (titanio, vanadio, tantalio) o leghe metalliche, plastica (sostanze sintetiche tipo polietilene), ceramiche o altri materiali compatibili con l’organismo, resistenti all’usura, e adattabili agli organi sui quali vengono impiantate. Attualmente, nell’ambito delle endoprotesi articolari, si sperimentano materiali biologici come le ossa da cadavere (opportunamente trattate e conservate) che consentono l’alloggiamento di protesi metalliche su protesi biologiche: il loro utilizzo è utile quando le ossa dell’ospite siano talmente compromesse da rendere impossibile il sostegno stesso della protesi articolare.

Per gli organi viscerali esistono endoprotesi che impediscono le stenosi neoplastiche o post-chirurgiche dei visceri stessi, come quelle che sostituiscono valvole non più funzionanti (ad esempio quelle cardiache, o utilizzate a livello esofageo o uretrale. Fra queste ultime è sempre più usato lo stent ureterale,  un piccolo tubo di materiale plastico, simile ai tradizionali stent cui si ricorre in ambito cardiovascolare, che consente di mantenere libero l’uretere, il condotto che fa passare l’urina dai reni alla vescica urinaria; lo stent ureterale può essere utile in quei pazienti il cui uretere è ostruito da un calcolo renale o il cui funzionamento è compromesso da un tumore, anche ad altro organo vicino. Ugualmente, lo stent prostatico svolge una funzione simile, permettendo di mantenere pervia l’uretra maschile e consentire così un normale flusso urinario: è una delle soluzioni per i pazienti con ostruzione prostatica, spesso dovuta a ipertrofia prostatica benigna

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