definizione
Nel linguaggio medico, assorbimento e ritenzione di una sostanza da parte di un organo od un tessuto (uptake): attraverso l’utilizzo di un liquido di contrasto (basato sull’impiego degli isotopi radioattivi), è possibile studiare la funzionalità di un organo valutando il tempo e l’intensità di captazione; dal latino captatio (→ cercare d’acquisire, di afferrare o di ottenere, catturare), derivato a sua volta da captare, intensivo di capĕre (→ prendere), col significato di cercare di ottenere, di fare proprio, trarre a sé una cosa per sfruttarla.
La velocità e l’intensità di captazione è un elemento fondamentale nella scintigrafia, una tecnica diagnostica che consente la visualizzazione degli organi dal punto di vista anatomico e funzionale grazie all’utilizzo di isotopi radioattivi somministrati al paziente per via generale: tali sostanze si distinguono in traccianti, quando servono a indagare la funzionalità di un organo, e indicatori, quando invece si limitano a evidenziarne la struttura; l’immagine scintigrafica viene realizzata da speciali apparecchi, chiamati scintigrafi, che rivelano e quantificano le radiazioni emesse dalla superficie cutanea corrispondente all’organo da studiare.
Si parla di:
→ ipercaptazione: presenza di un incremento dell’assorbimento del tracciante/radiotracciante in un determinato distretto, rispetto ai tessuti/porzioni di organo circostante;
→ isocaptazione: assorbimento del tracciante/radiotracciante simile a quello dei tessuti/porzioni di organo circostante;
→ ipocaptazione: presenza di una riduzionedell’assorbimento del tracciante/radiotracciante in un determinato distretto, rispetto ai tessuti/porzioni di organo circostante.
I principali traccianti utilizzati sono:
→ iodio radioattivo, elettivo per lo studio della tiroide che lo capta come suo normale costituente metabolico;
→ tecnezio radioattivo, che viene incorporato in composti biologici, come le microsfere di albumina, per lo studio del polmone, dello scheletro, del cervello;
→ tallio radioattivo, utilizzato per la scintigrafia del cuore, che consente di fornire dati importanti sulla circolazione del sangue in corrispondenza e in vicinanza di aree colpite da infarto.
Tale metodica consente di ricercare tumori il cui metabolismo sia più o meno attivo rispetto alle aree circostanti e può essere utilizzata per studiare l’attività metabolica cardiaca e valutarne la funzionalità in caso di cardiopatia ischemica.
La scintigrafia a emissione positronica è una tecnica basata sul rilevamento di positroni emessi da sostanze marcate introdotte nell’organismo: le sostanze (comunemente il carbonio 11, l’azoto 13, l’ossigeno 15), una volta iniettate nel sangue si dirigono in quegli organi che più le utilizzano; una volta liberati, i positroni vengono intercettati da particolari strumenti ed elaborati da un computer allo scopo di ottenere immagini fotografiche degli organi studiati.
Occorre ricordare, sempre come esempio, che le cellule tumorali hanno una captazione di glucosio (uptake) maggiore delle cellule normali, pertanto il riscontro di aree ipercaptanti il mezzo di contrasto (solitamente il fluorodesossiglucosio, chiamato solitamente FDG, un analogo del glucosio utilizzato come radiotracciante) durante un esame PET (tomografia ad emissione di positroni) indica solitamente la presenza di una lesione tumorale.