ultimo aggiornamento: 14 Maggio 2018 alle 16:44
Dal greco ἀμβλυωπία (amblyōpía → “occhio pigro“), composto da ἀμβλύς (amblýs → pigro, ottuso, debole) e ὄψ (óps → ochio): condizione in cui la funzione visiva di un occhio è ridotta o assente, senza che ci siano stati dei danni oculari organici, causata da un’anomalia del piano di sviluppo delle funzioni visive, cioè da un non corretto sviluppo visivo e neuronale; il cervello, non riuscendo a interpretare correttamente le informazioni che gli giungono, “disattiva” i segnali che provengono da un occhio. Questo meccanismo di disattivazione, che il corpo umano mette in atto, porta alla cecità dell’occhio non dominante, per il resto della vita. Il cervello “disattiva” le immagini che arrivano da un occhio perché non riesce a combinarle con quelle provenienti dall’altro occhio, perdendo l’effetto della tridimensionalità: l’occhio dominante riceve e mette a fuoco l’immagine, mentre l’altro contribuisce a creare la tridimensionalità, funzione che viene meno nell’occhio pigro. In altre parole, l’occhio pigro non è mai quello dominante (o cessa di essere tale, quando compare l’ambliopia), in quanto il cervello perde la capacità di visione tridimensionale, per mantenere almeno una vista bidimensionale perfetta, rendendo dominante l’occhio che permette la vista migliore ovvero l’occhio migliore dal punto di vista organico e funzionale. L’ambliopia convive con la perdita di visione binoculare con conseguente disallineamento fra i due occhi e possibile insorgenza di diplopia: il cervello sopprime la funzione dell’occhio pigro, soprattutto per evitare questa visione, piuttosto che per evitare una visione non perfetta della tridimensionalità. Si definisce funzionale un’ambliopia in cui le strutture dell’occhio appaiono altrimenti sane e funzionanti: in queste forme è frequente la presenza di una deviazione visiva (ambliopia da strabismo), oppure da anisometropia, aniseiconia, vizi rifrattivi o ametropia, ossia quelle comuni malattia chiamate miopia, ipermetropia e astigmatismo. Si definisce organica, invece, quando la probabile causa è legata ad una lesione del globo oculare, ad un’alterazione delle vie ottiche oppure delle vie visive cerebrali; quando è presente un impedimento della visione causato da cataratta, opacità corneale, ametropie elevate o soppressione, l’ambliopia è detta ex anopsia, ovvero da deprivazione o da non visione. È una malattia degli occhi e dell’apparato visivo estremamente frequente e pericolosa che colpisce soprattutto bambini, ma può manifestarsi anche nell’adulto; l’ambliopia pediatrica si presenta quando il bambino “non usa” involontariamente un occhio: le immagini da esso provenienti vengono soppresse nella corteccia cerebrale. Questo avviene quando non si vede a fuoco da un occhio o perché il cervello non riesce più a “combinare” le immagini che, come avviene nello strabismo, provengono dall’occhio deviato con quelle fornite da quello sano o, ancora, perché alla retina non arrivano affatto le immagini, come, ad esempio avviene in caso di cataratta o ptosi. L’ambliopia è di solito monolaterale, ma può presentarsi anche in forma bilaterale; quando siamo in presenza della prima, può essere associata allo strabismo, mentre la seconda si associa invece più frequentemente con il nistagmo. Astigmatismo e ipermetropia, se non vengono corretti adeguatamente e tempestivamente, possono portare all’ambliopia. In genere, in età adulta, il cervello è ormai abituato a ricevere la visione da entrambi gli occhi e non può più ignorare l’immagine proveniente dall’occhio deviato, per cui lo strabismo provoca visione doppia e non più ambliopia. L’effetto principale è un comune deficit dell’acutezza visiva, non riconoscibile dai genitori senza una visita medica oculistica, e si considera ambliope un occhio che abbia almeno una differenza di 3/10 rispetto all’altro, oppure un visus inferiore ai 3/10.