ultimo aggiornamento: 27 Dicembre 2020 alle 22:28
definizione
Detta anche comorbidità o comorbosità, il termine indica la coesistenza di più patologie diverse in uno stesso individuo, che possono manifestarsi simultaneamente (anche se indipendentemente l’una dall’altra) oppure riferirsi a patologie che compaiono secondariamente all’insorgenza di una patologia di fondo. In psichiatria e psicologia clinica il concetto non indica obbligatoriamente due malattie distinte, ma anche la possibilità di più diagnosi nello stesso paziente in base ai sintomi presentati.
Più che sinonimi, comorbidità e comorbilità, dovrebbero essere considerate forme alternative e concorrenti, in competizione fra di loro per designare sostanzialmente la stessa cosa; lo stesso dicasi di comorbosità: il concetto proviene dalla ricerca medica statunitense ed è stato introdotto in tempi relativamente recenti. Secondo la letteratura di settore, il primo a usare e definire il termine co-morbidity (poi univerbato in comorbidity) è stato l’epidemiologo americano Alvan R. Feinstein in un articolo pubblicato nel 1970: il nuovo termine viene definito come «the existence or occurrence of any distinct additional entity during the clinical course of a patient who has the index disease under study» (esistenza o insorgenza di qualsiasi entità aggiuntiva distinta durante il decorso clinico di un paziente che ha la malattia indice in studio).
Nasce così un termine nuovo per circoscrivere e indicare il fenomeno della compresenza di patologie diverse in uno stesso individuo o, più precisamente, il fenomeno per cui un paziente (per lo più anziano), che è in cura per una patologia (generalmente cronica), presenta anche un’altra o più malattie, non direttamente causate dalla prima, che condizionano la terapia, gli esiti della patologia principale, la qualità di vita del paziente, la durata di un eventuale ricovero in ospedale.
Il termine inglese prevede un doppio uso: in alcuni contesti, infatti, la parola indica il fenomeno in astratto della ‘compresenza di patologie’, in altri denota invece, per slittamento metonimico, la ‘malattia concomitante’; il corrispettivo italiano ha tre forme distinte, cioè morbosità, morbilità e morbidità. La matrice comune è la voce latina morbus (morbo → malattia), da cui derivano in latino gli aggettivi morbidus e morbosus; le tre voci hanno acquisito due accezioni tecniche prevalenti cioè «condizione patologica, stato di malattia» e «frequenza percentuale di una malattia all’interno di un gruppo».