ultimo aggiornamento: 14 Maggio 2018 alle 16:35
Dal greco νύκτ- (nýkt → notte), ἀλαός (alaós → che non vede) e ὤψ (óps → occhio). Detta anche nittalopìa è anche definita impropriamente “cecità notturna”; viene spesso confusa con la emeralopia: a differenza di quest’ultima, dove la difficoltà visiva è presente nelle fasi crepuscolari e migliora con l’abitudine del soggetto all’oscurità, per nictalopia si intende la difficoltà a vedere di notte, con conseguenti problemi nel muoversi al buio o nel guidare di notte, mentre la visione rimane invece normale durante il giorno. La cecità notturna può anche associarsi a un ritardato adattamento visivo nel passare dagli ambienti luminosi a quelli oscuri, e viceversa: questa si manifesta quando la retina perde la propria sensibilità a causa di un malfunzionamento dei fotorecettori (in particolare, dei bastoncelli) e di altre cellule retiniche. La nictalopia è spesso associata alla senescenza, ma può manifestarsi anche in caso di congiuntivite, cataratta, glaucoma, miopia o, come nell’emeralopia, nel deficit di vitamina A. Se la cecità notturna compare in soggetti giovani potrebbe essere un primo segnale di retinite o della retinite pigmentosa, un disturbo degenerativo della retina che può provoca una perdita progressiva della vista.